28/09/2018

Educazione: a scuola si va tutti i giorni, salvo malattie

È ricominciata la scuola. E se ci sono quei bambini e ragazzi che ci vanno volentieri, ci sono anche quelli che farebbero di tutto pur di non varcare la soglia del proprio istituto: malesseri psicosomatici, termometri fatti innalzare “artificialmente” (per chi ha ancora quelli con il mercurio) oppure, per i più grandi, l’immortale abitudine di “marinare” (o “bigiare”, o “fare fughino”, a seconda del modo di dire della regione d’appartenenza). Anche in questo aspetto della vita quotidiana, quindi, l’educazione assume un ruolo fondamentale.

I genitori, e solo in seconda battuta gli insegnanti, hanno il compito di proporre a bambini e ragazzi un’educazione che non risponda tanto ai criteri del “piacere” o della “semplicità”, quanto a quelli della ragione, nell’ottica di una crescita armonica, che inevitabilmente porta con sé anche aspetti di fatica.

Quando si ha a che fare con bambini e ragazzi che non vogliono andare a scuola, e che lo manifestano in vario modo, il primo compito dei responsabili della loro educazione sarà quello di cercare di capire (grazie alla conoscenza del soggetto e instaurando un dialogo) come mai vi sia questa reazione: potrebbe trattarsi di ansia da prestazione, di fatiche a livello relazionale, di episodi di bullismo... le casistiche sono varie e ogni persona ha una propria sensibilità e una propria reazione di fronte agli eventi.

Questa fase può naturalmente essere più o meno facile, ma è la vera chiave di volta per poter poi accompagnare bambini e ragazzi alla risoluzione del problema, per loro così importante. Accanto a questo, tuttavia, non va dimenticato quanto affermato sopra: l’educazione non consiste nel cedere, bensì nel farsi guida. Ecco quindi che, mentre cerco di aiutarti a razionalizzare il blocco che non ti fa andare a scuola, non cedo sul fatto che tu debba comunque ad andarci (ovviamente fatti salvi casi particolarmente gravi, oppure malattie conclamate): in famiglia e a scuola le regole devono essere poche e il più possibile circostanziate, ma quelle vanno rispettate, in primis dagli adulti. E questo per evitare di cadere nel “sentimentalismo” e nelle eccezioni troppo frequenti, ma anche per scongiurare lo sviluppo di problematiche ben più gravi.

Ecco quanto ha scritto in proposito la dottoressa Silvana De Mari sulla sua pagina Facebook.

Educazione: a scuola si va tutti i giorni, salvo malattie

Hikikomori è una impronunciabile parola giapponese che indica il sepolto vivo, il prigioniero di una prigione volontaria ma non per questo meno granitica. L’inizio è tra i 13 e i 16 anni. Si comincia con il saltare la scuola. Non è l’epico saltare di nascosto a mamma per andare a fare cose proibite o almeno divertenti. È un ignobile e viscido non muoversi dalla propria stanza, che diventa poi sempre più abituale, mentre la luce diminuisce sempre di più e le tapparelle sempre più giù. Alla fine si resta chiusi lì, sempre più chiusi, con l’unica comunicazione con il mondo che avviene via internet. Quando qualcosa mi fa paura e la evito la paura ingigantisce. La prima regola di prevenzione è non permettere ai figli si saltare la scuola. La scuola è un dovere e basta. Permettere al figlio di saltare la scuola perché gli dà ansia vuol dire riconoscere che la guerra all’ansia l’ha persa.

Noi partiamo dal presupposto, questo è il gravissimo errore della filosofia contemporanea, che flessibile sia un bella parola e rigido una parolaccia. Questo è un errore. Ci sono casi dove la flessibilità è l’opzione corretta e casi dove la rigidità è l’unica scelta. In una sala operatoria le regole di asepsi devono essere rigidissime, le regole di sicurezza devono essere rigide, altrimenti di tanto in tanto decine di persone restano ferite o peggio nel crollo o nel rogo di discoteche o scuole.
Dove le regole sono rigide l’emotività si smorza e si evita l’emotività inutile. Se un bambino sa che lui deve viaggiare sempre sul seggiolino dietro, non si sognerà nemmeno di chiedere di stare davanti. Se qualche volta il nonno o la zia trasgrediscono, ogni volta chiederà, ogni volta sarà una discussione, ogni volta una speranza, ogni volta un capriccio e magari l’incidente ci sarà proprio il giorno in cui il bambino è dove non dovrebbe.
La regola che si va a scuola tutti i giorni non deve essere negoziabile. Si sta a casa solo per comprovate e importanti malattie. La scuola dà ansia. L’ansia è su due punti: il giudizio del professore, il voto e lo sguardo dei compagni. L’ansia è sgradevole, può essere terribile. La tentazione di non andare, (è che oggi ho la verifica, se prendo un’insufficienza è un guaio, così sto a casa e studio) si forma facilmente, ma se non si va a scuola l’ansia peggiora. Se il genitore permette al figlio di non andare a scuola riconosce che il ragazzo ha ragione ad avere paura della verifica, e peggiora tutto. Regole rigide. Non hai studiato? Prenderai alla verifica l’insufficienza e poi ricupererai studiando come si deve. È un’insufficienza, non una fucilazione e se non ha studiato è giusto che prenda l’insufficienza, perché altrimenti come impara ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni?

Redazione

 

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