02/08/2023 di Maria Rachele Ruiu

Educare il mondo a praticare il bene

I ragazzi a volte indossano t-shirt con disegni e frasi di dubbio gusto (per non dire osceni). Alessandro Ferrari ha avuto un’idea meravigliosa…




«Il bene genera bene»: sarà già capitato a molti di vedere scritta questa frase su qualche maglietta. L'idea è di Alessandro Ferrari, imprenditore e grafico milanese che da qualche anno ha dato origine a un progetto particolarmente innovativo: Ape Social Wear. Tutto nasce in un oratorio, quando Alessandro (soprannominato “Ape” in seguito alla puntura di una moltitudine di insetti) fece togliere a un ragazzino una t-shirt con una parolaccia, sostituendola con una bianca su cui scrisse a mano, appunto, «Il bene genera bene». Da quel momento in tanti gli hanno chiesto lo stesso regalo e così, con una serie di frasi positive stampate sulle magliette, l'invenzione è diventata sempre più una realtà concreta. Formato secondo i principi salesiani, dopo una forte conversione da adulto, Alessandro Ferrari è padre di due figli ai quali trasmette quei valori che fa trascrivere anche su abbigliamento e accessori. «A volte con mia moglie dobbiamo fronteggiare le volgarità che rischiano di deviare ciò che di bello offre la vita. La famiglia, però, serve proprio a offrire quel dialogo necessario a comprendere cosa ci possa fare stare bene», ci racconta Ferrari.

Cosa rappresenta per te essere definito un imprenditore del bene?

«Mi gratifica fortemente. Vuol dire che la gente comprende il mio obiettivo di cercare il bello in un mondo spesso egoista. E poi, attribuendomi un'etichetta così importante, in qualche modo mi restituiscono l'affetto e la passione che metto nella mia attività. È come un cerchio della vita. Sai, per me la parola “restituzione” è stata proprio alla base della mia conversione».

Raccontacela.

«Lavoravo come grafico pubblicitario. Nel tempo libero amavo giocare a pallavolo, così sono capitato per caso in un oratorio salesiano. La prima volta che arrivò un sacerdote proponendo una preghiera, scappai».

Come cambiarono le cose?

«Dopo qualche volta in cui si è ripetuta la stessa scena, ho incontrato un educatore che ha saputo coinvolgermi, facendomi scoprire che la cristianità poteva essere vissuta in modo molto più pratico rispetto a come l'avevo sempre immaginata». 

Ossia?

«Innanzitutto senza abbandonare le mie passioni per la moda, la grafica e la pallavolo. Tutto ciò che ci regala una gioia nel cuore, facendoci esprimere con un sorriso, è perfettamente coniugabile con la cristianità. Così ho iniziato a lavorare in oratorio, avvicinandomi sempre di più ai ragazzi. Sono andato a un incontro del Sermig di Torino e ho sentito parlare di “restituzione” del bene. Da quel momento ho sempre cercato di vivere seguendo quella direzione».

Se ripensi a quegli anni da educatore, cosa ti viene in mente?

«Tutto quello che ci ha trasmesso don Bosco: si può pregare giocando con i giovani, condividendo le loro passioni ed esaltandone anche le qualità apparentemente più banali. Una restituzione di quel bene la si troverà sempre, scoprendo cose inimmaginabili». 

Tutto dunque nasce da una parola ben precisa. Ecco, sulle tue magliette di parole ce ne sono tante. Come si passa dalle scritte ai fatti?

«È insito proprio nella restituzione. Dovremmo tutti provare a comunicare il bene, per scoprire che così facendo si sta anche bene». 

Però non è sempre facile farsi ascoltare con certi messaggi.

«Certo, farsi sentire da tutti è impossibile. Ma le persone a cui arrivano quelle parole, vengono toccate nel cuore. Quello che un tempo poteva apparire estremamente banale, oggi si fa notare proprio perché rappresenta una normalità controcorrente rispetto a tante realtà». 

In che senso?

«“Il bene genera bene” è una frase molto semplice, ma assume un aspetto innovativo perché fa risvegliare dei valori che troppe volte ci dimentichiamo. È una voce fuori dal coro: per questo risalta creando un appeal e facendo riflettere».

Veicolando messaggi positivi sei diventato un educatore della società. Ma il linguaggio più usato oggi dai giovani non è demotivante per un futuro migliore?

«Forse, ma sta a noi fare in modo di cambiare le cose. Ci siamo assuefatti alla banalità piena di rancore e volgarità. Se qualcuno dice qualcosa di brutto non ci si rende nemmeno più conto dell'offesa. Si comunica con l'insulto e la presa in giro. Tuttavia, rimane ancora valido il concetto per cui si lascia qualcosa di prezioso negli altri anche solo con una buona parola».

E tu con le tue magliette riesci a sintetizzare perfettamente le migliori sensazioni da trasmettere.

«Nella moda pensano tutti a vestire bene: dunque, se vestire bene va di moda, a maggior ragione sarà possibile vestendo il bene! Bastano poche parole, visibili, fissate su un indumento. Diventano uno sprono per tutti. Lo ha fatto anche Chiara Ferragni all'ultimo Sanremo, con quella frase [“Sentiti libera”, ndR.] che poi hanno ripreso tutti...

A proposito del Festival di Sanremo, tanto criticato giustamente, c'è stato un testo di una canzone che ti è piaciuto particolarmente?

«Mr.Rain, con Supereroi, ha fatto qualcosa di pulito e normale ed ha fatto molto effetto con la sua canzone. Qualcuno lo ha criticato perché il testo era scontato, nulla di nuovo, invece si è rivelato nuovo proprio perché ci siamo abituati a un mondo volgare». 

Non ti senti anche tu un po' un supereroe che dona positività?

«No, in questo mondo così orientato a guardare unicamente agli interessi economici, non è sempre facile che la gente capisca cosa c'è dietro a un progetto. C'è un messaggio importante, c'è l'idea di impegnare in lavori manuali dei ragazzi con disabilità. I supereroi, però, siamo tutti, nella nostra capacità di essere equilibrati».

A Sanremo ci sono stati anche tanti episodi criticati...

«Sì, ma io amo sempre parlare positivamente. Ci sono state cose che mi hanno infastidito e mi hanno fatto pensare: “Hanno uno strumento così potente come la tv, per quale ragione devono sprecare l'occasione con certi messaggi? Perché nessuno si dissocia?”. Non ho voluto, però, commentare nulla sui social: lo avevano già fatto tutti...».

Il linguaggio dei social come ti sembra? 

«Anche lì è una gara a parlare male di tutto: a me piace fare post di cose belle. Mi piace fare notare quelle, che sono ciò che la gente vuole. Se vuoi regalare qualcosa a un'altra persona le fai qualcosa di bello, che comunichi un messaggio positivo». 

 

Articolo già pubblicato sulla Rivista Notizie Pro Vita & Famiglia n. 118 - Maggio 2023

 

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