In galera perché parla contro l’ aborto : prima Mary Wagner, ora Linda Gibbons, hanno fatto la fine che le Mujeres Libres vorrebbero far fare ai volontari della Papa Giovanni XXIII di Bologna, a Giorgio Celsi e a tutti coloro che – insieme alle preghiere – offrono alle donne che si recano ad abortire una concreta, vera, alternativa. Le due carcerate, del resto, non sono state punite dalla legge cinese, o da quella di qualche dittatore sud-americano, ma dal democraticissimo Stato del Canada. Non ci stupisce che c’è chi vorrebbe anche qui da noi norme dello stesso tenore.
Recentemente la Gibbons ha scritto una lettera , che è stata tradotta e pubblicata da Tempi.it, in cui spiega perché preferisce restare in carcere, piuttosto che ubbidire a una legge ingiusta e disumana. Lancia così un messaggio a cui non si può restare indifferenti: l’ aborto legale è un “peccato sociale”, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, ne siamo quindi tutti responsabili. Siamo tutti chiamati a fare qualcosa per fermare la strage degli innocenti.
Novella Antigone, la Gibbons scrive:”La mia presenza serve a implorare i vivi e a pregare per coloro che muoiono. Sono il testimone di un olocausto: vis a vis con oltre quattro decenni di spargimenti di sangue. Dato lo status quo dell’aborto su richiesta, senza alcun vincolo legale durante tutta la gestazione fino al parto, qualcuno potrebbe mettere in discussione l’insistenza sul fatto che la vita è un dono sacro dal concepimento fino alla morte naturale e un diritto dato da Dio degno di essere difeso”. Le persone come lei servono a contrastare la banalizzazione di un atto contro la vita e contro natura. Le sue azioni servono per “resistere alla campagna di disinformazione degli abortifici e per dissuadere le donne ad entrare nel centro di sterminio”.
Bisognerebbe tutti ripetere e ripetersi con la Gibbons: “Un marciapiede vuoto davanti ai centri della morte e il silenzio dai pulpiti è scandaloso”.
Francesca Romana Poleggi