19/12/2022 di Giuliano Guzzo

Drogarsi per fare sesso. Ecco il chemsex, tanto sconosciuto quanto pericoloso

Tanti, c’è da scommettere, non ne hanno mai sentito parlare; e probabilmente qualcuno scoprirà quindi di questa realtà leggendo ora questo articolo. Eppure il chemsex è qualcosa che non solo esiste, ma che andrebbe esaminata con attenzione in quanto estremamente problematica. Con questo neologismo, infatti – coniato per la prima volta nel 2012 dallo scrittore, ricercatore e attivista di origine australiana David Stuart – si indica una pratica derivante dalla fusione di chems, termine utilizzato per definire le sostanze stupefacenti di origine chimica e sex, sesso.

Si tratta insomma di attività sessuale praticata in combinazione con l’assunzione di sostanze che, in genere, sono di tre tipi: mefedrone, simile ad un’anfetamina, fa sentire gli utenti euforici, potendo sovrastimolare il cuore e il sistema nervoso;  Ghb/ Gbl, che hanno effetto anestetico rilassante che riduce le inibizioni, ma possono essere molto pericolosi se mescolati con depressivi quali l’alcol, con una combinazione che può risultare anche mortale; e metamfetamina, che rende il consumatore esaltato e stimolato.

Ora, non serve essere tossicologi né medici, evidentemente, per capire come il chemsex possa essere rischioso, dato che comporta l’assunzione di sostanze che da una parte alterano in modo artificiale il battito cardiaco e, dall’altra, possono generare dipendenza; senza considerare che l’abbassamento dei freni inibitori comporta, va da sé, il fatto che si possano fare proprie condotte a rischio. Basti dire che si può arrivare a praticare rapporti sessuali senza sosta per molte ore - anche più di 24 ore di seguito - o addirittura giorni. Ne consegue, oltre a immaginabili conseguenze sulla salute, come tale pratica sia associata al rischio di trasmissione di malattie sessuali per la mancanza di controllo.

Il punto è che di un simile fenomeno, per quanto a prima vista bizzarro e da molti sconosciuto, c’è il rischio che ci si debba occupare sempre più spesso. Chi studia questa pratica segnala infatti oggi come la gamma degli stupefacenti usati si stia ampliando, rispondendo a quelle che sono le esigenze di mercato e facendo quindi sì che il chemsex si radichi, diffondendosi a livello globale.

Tutto ciò sarebbe una novità, dal momento che inizialmente tutto ciò interessava solo una parte del mondo gay, come il citato Stuart ricorda: «Circa 25 anni fa c’era un piccolo gruppo di gay (incluso me), che faceva uso di crystal meth e G, anche se a Londra all’epoca era piuttosto raro. Era prima dell’avvento di Gaydar, prima che molti di noi avessero computer. Ci siamo incontrati nelle saune e ci siamo chiamati “club del chemsex”, perché ci sentivamo molto diversi dai ragazzi che usavano ecstasy o cocaina. L’esperienze sessuali con crystal meth e G erano molto diverse».

Il “successo” attuale del chemsex ben oltre alcuni club gay del chemsex è probabilmente l’esito – come ha ben ricordato Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia, nell’ambito della trasmissione televisiva Controcorrente lo scorso 14 dicembre – di un disagio giovanile figlio di molteplici fattori; primo tra tutto, i modelli ultravincenti che vengono proposti ai ragazzi sia da influencer e cinematografia, tanto più se pornografica. In secondo luogo, sempre soffermandosi su quanto ha segnalato Coghe, c’è da evidenziare la perdita del senso del sacrificio.

Un rapporto sessuale naturale ma, ancor più, la costruzione di una relazione solida nell’ambito della quale – a tempo debito, non certo immediatamente – vivere l’unione a 360 gradi, inutile nascondersi dietro ad un dito, comporta tempo e fatica; in una parola, comporta sacrificio. Invece il chemsex garantisce immediatezza e “prestazioni”, per così dire. Peccato che una relazione seria richieda ben altre “prestazioni”, a partire appunto dal dono di sé, dalla capacità di ascoltare l’altro e di rendersene non solo complice ma alleato nell’ambito di una relazione matura e aperta alla vita. Senza dimenticare,  infine, che comunque l’assunzione di droghe non comporta, repetita iuvant, conseguenze solo immediate.

Il grande rischio, infatti, è che oltre a veicolare disvalori, il chemsex rafforzi tutto un sistema di fragilità individuali e di dipendenze, non solo non risolvendo nulla delle insicurezze per affrontare le quali viene scelto, ma peggiorando di gran lunga la situazione; e non solo quella del singolo che ne fa ricordo, ma dei suoi familiari, dei suoi amici e, in definitiva, di tutti noi. Per il semplice fatto, come ha scritto un grande poeta, che nessun un uomo è un’isola. Quindi, se qualcuno purtroppo va a fondo, ad inabissarsi è sempre e comunque l’esistenza anche di un pezzo di società.

 

 

 

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