17/02/2020

Da disoccupato a supereroe. La storia di Spiderman che visita i bambini malati

“Ho fatto molto nei miei 35 anni, ho praticato tanti sport, ho lavorato duro, ho scritto musica e mi sono anche esibito, infine sono diventato Spiderman per i bambini che stanno combattendo tutte le probabilità negative nel mondo”. Questo è esattamente l’incipit della storia che vi raccontiamo oggi: una storia d’amore, di sofferenza, di lotta e di speranza.

Tutto è iniziato per Ricky nel 2014, in un momento in cui era finanziariamente in crisi, a tal punto da dover chiedere aiuto ai suoi amici. Mentre cercava di sbarcare il lunario come personal trainer in una palestra, una notte ha fatto un sogno.

Ha sognato sua nonna, morta pochi mesi prima, che gli avrebbe messo un braccio sulla spalle e gli avrebbe mostrato cose che, da quel momento in poi, gli avrebbero cambiato la vita. Lo avrebbe, infatti, condotto verso una vecchia scuola dove c’era un proiettore enorme che proiettava le immagini di un singolare film, in cui un uomo camminava verso dei bambini con divise da ospedale nel cielo e attraversava le porte degli ospedali per incontrare centinaia di piccoli pazienti a letto, attaccati a tubi e flebo. Il protagonista di questo incredibile sogno, si muoveva oscillando come Spiderman, comunicando gioia e portando giocattoli, scattando, contemporaneamente foto con i piccoli pazienti, i cui volti si illuminavano al suo passaggio. Confuso, dopo questa visione, Ricky, nel sogno ha guardato sua nonna e le ha chiesto cosa avesse a che fare tutto questo con lui. Lei lo avrebbe guardato in modo serio e gli avrebbe detto: “Questo sei tu e quando ti sveglierai questo è ciò che farai.”

L’inizio di questa missione è stato difficile. Innanzitutto si è fatto creare un costume da Spiderman su misura del valore di 1400 dollari, per acquistarlo ha venduto l’unico oggetto di valore che aveva: una Chrysler 300 comprata prima del suo personale tracollo finanziario.

Mentre attendeva l’arrivo del costume, Ricky ha iniziato a inviare e mail a tutti gli ospedali nella zona della baia della California ma tutti gli rispondevano di no, a causa della sua mancanza di esperienza coi bambini. Finché, nell’ottobre del 2014, finalmente, Ricky ha ricevuto il suo costume. Dopo averlo provato si è fatto scattare delle foto da un suo amico e le ha postate sui social, senza specificare quale fosse il suo progetto. Finché, uno degli atleti che seguiva in palestra, lo ha indirizzato al nipote che era in ospedale perché molto malato.

“L‘ospedale mi ha detto che non potevo fargli visita, ma la mamma del bimbo mi ha chiesto: lavori per l’ospedale o per Dio? Questa domanda mi ha inchiodato dov’ero e ho risposto che lavoravo per Dio. Questo mi ha permesso di far visita al mio primo bambino nascondendo il costume nello zainetto, cambiandomi nel bagno vicino alla stanza, e correndo al suo fianco.

Ho trascorso con lui un’ora prima che la sicurezza mi chiedesse di andarmene. Avevo compiuto la mia missione! La nonna mi ha inviato delle foto della visita e io sono scoppiato a piangere vedendo il sorriso sul suo volto. Era destino che facessi questo nella vita. Dopodiché ho iniziato a fare visita a bambini con bisogni speciali, bimbi autistici, senza tetto, in affido, disabili.”

Così Ricky ha deciso di pubblicizzare la sua attività sui social e ora riceve tantissime chiamate dai vari ospedali. Oggi il Supereroe di questa storia ha creato una pagina “Go Fund me” per comprare i regali ai bambini e le domande per il suo servizio sono aumentate a tal punto che ha fondato, insieme ai suoi amici, l’organizzazione Heart of a Hero (cuore di un eroe). Ciò gli è costato la rinuncia al suo lavoro di istruttore ed è stato costretto a prestare servizio come guardia notturna per coprire ciò che la sua fondazione non riusciva a pagare. Man mano che andava avanti in questo straordinario servizio di volontariato, incontrava casi sempre più disperati, fino ad arrivare a bambini malati terminali.

Una di questi era la piccola Zamora: “Sua mamma mi chiese di rimanere al fianco della bambina e io risposi di sì. Ho trascorso i 7 giorni successivi con Zamora, finché è morta tenendomi la mano”.

La morte di altri bambini nello stesso mese gli ha causato degli attacchi d’ansia. Dal 2014, infatti aveva visitato ben oltre 10 mila bimbi in condizioni simili, un contatto devastante con la sofferenza che gli ha causato un crollo emotivo che lui stesso racconta con molta schiettezza.

“Ero a Denny, a Sacramento in procinto di recarmi il giorno dopo in ospedale quando un volontario, Biance, mi ha chiesto: stai bene? Ho iniziato a piangere incontrollabilmente. Per la prima volta in 3 anni e mezzo ho ammesso di aver bisogno di una pausa. “

Non molto tempo dopo Ricky è tornato all’azione con qualche cambiamento, prendendosi cioè periodi pausa e non lavorando tutti i giorni. Ma lo spirito della sua missione è rimasto inalterato ed eroico, come afferma lui stesso: “Non mi arrenderò e sono determinato nel bisogno di condividere le storie di questi bambini. Tenere i bambini mentre esalano l’ultimo respiro. Non vi sentirete mai più vulnerabili di così. Sono stato in grado di togliermi di dosso ogni altra difficoltà nella vita. Ma questa è qualcosa di cui non ci si può liberare e ne sono venuto ai termini. La mia vita è loro e il viaggio continua”. E’ possibile seguire le gesta di questo autentico supereroe, sulla sua pagina Facebook.

 

di Manuela Antonacci

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