27/07/2014

Chi ha rubato la nostra cultura? (parte seconda: i progressi)

Chi ha rubato la nostra cultura? (parte seconda: i progressi)

Sul sito WND America’s Indipendent News Network abbiamo letto un estratto del libro di Ted Baehr e Pat Bone “The Culture-wise Family: Upholding Christian Values in a Mass Media World” Precisamente, l’estratto proveniva dal capitolo 10, scritto dallo storico Williams S. Lind. E’ un interessantissimo saggio che ripercorre nella storia recente il processo che ha portato al disfacimento culturale della società occidentale e dei suoi valori. Lo proponiamo ai nostri lettori, a puntate per evitare che si lascino distogliere dalla lunghezza. Siamo sicuri che coloro che non conoscono la storia della filosofia, e in particolare la storia della Scuola di Francoforte, ce ne saranno grati. Chi già la conoscesse, invece, può confrontare ciò che sa con ciò che scrivono gli autori e trarne le considerazioni critiche più opportune .

Lo scritto è di un Americano che considera l’evoluzione della società americana, ma si adatta benissimo alla storia d’Europa e dell’Italia, in particolare.

Ciò che è indicato tra parentesi è un’annotazione di questa Redazione.

Chi si fosse perso la prima parte la può leggere qui.

Horkheimer prese le distanze dal pensiero di Marx, che riteneva la cultura una “sovrastruttura” determinata da fattori economici: al contrario, considerò la cultura un fattore indipendente e molto importante nella formazione di una società. Inoltre annunciò che non sarebbe stata la classe operaia a scatenare la rivoluzione, ma lasciò aperta la questione su chi avrebbe svolto quel ruolo.

La chiave per distruggere la cultura occidentale era la fusione tra le teorie di Marx e quelle di Freud. Come i lavoratori sono stati oppressi sotto il capitalismo, così tutti vivono in un costante stato di “repressione psicologica”. Il “liberare” tutti da questa repressione divenne uno dei principali obiettivi del marxismo culturale. E, cosa ancora più importante, si resero conto che uno strumento molto più potente della filosofia per distruggere la cultura occidentale era il condizionamento psicologico.

Oggi, quando i ‘marxisti culturali’ vogliono “normalizzare” qualcosa come l’omosessualità (e quindi “liberare” noi dalla “repressione”), la televisione, spettacolo dopo spettacolo, presenta situazioni in cui l’unico maschio bianco normale è un omosessuale. Ecco come funziona il condizionamento psicologico; le persone assorbono le lezioni che i ‘marxisti culturali’ impartiscono senza nemmeno sapere che vengono insegnate.

Nel 1933, l’ascesa al potere di Hitler costrinse i membri più importanti della Scuola di Francoforte a lasciare la Germania. Nel 1934, la Scuola si ricostituì a New York City con l’aiuto della Columbia University. La sua intenzione di distruggere la cultura tradizionale occidentale, negli Stati Uniti, avrebbe avuto maggior successo.

La Scuola così presentò gli strumenti per raggiungere i suoi scopi in tre teorie: la teoria della critica, quella del pregiudizio e quella della dominazione.

La “teoria della critica” consisteva nel fatto che ogni istituzione tradizionale, a cominciare dalla famiglia, doveva essere sottoposta a una critica incessante ( e lo fu). Questo sistematico atteggiamento distruttivo è la base dei dipartimenti di “studio”, che popolano i college e le università americane, in cui fiorisce – non a caso – la “correttezza politica” accademica.

Inoltre, tutti gli atteggiamenti tradizionali sono stati considerati “pregiudizio”. Gli studi accademici in materia culminarono nell’immensamente influente libro di Adorno, “La personalità autoritaria”, pubblicato nel 1950. Una falsa “scala – F” pretendeva di legare insieme la morale sessuale, le relazioni tra uomini e donne e la cultura favorevole alla famiglia con il supporto al fascismo. Infatti, il termine preferito dai ‘politically correct’ per chi non è d’accordo con loro è “fascista” (e in Italia ne sappiamo ben qualcosa. Soprattutto chi ha vissuto negli anni di piombo sa che bastava “non respirare” all’unisono con i “capipopolo rivoluzionari” nelle scuole e nelle fabbriche per essere etichettati – e spesso picchiati – come fascisti).

Quanto alla “teoria della dominazione”, mentre il marxismo sosteneva che la storia è governata da chi detiene la proprietà dei mezzi di produzione, la Scuola di Francoforte asserì che la storia è governata da “gruppi”, definiti in base al sesso, alla razza, alla religione. Per esempio i “maschi bianchi”, che sono stati etichettati come “oppressori”, mentre altri gruppi (per esempio le donne) sono stati definiti come “vittime”. I “cattivi” e i “buoni” venivano così identificati automaticamente solo dall’appartenenza al gruppo, indipendentemente dal comportamento individuale (con conseguente de-responsabilizzazione dei singoli: tutte le “colpe” sono della società).

La Scuola di Francoforte ammirava il Marchese de Sade per la sua sfida alla morale tradizionale, e sposò anche quello che Nietzsche chiamava la “trasvalutazione di tutti i valori”: quelli che tradizionalmente erano considerati i peccati diventano le virtù, e tutte le vecchie virtù diventano peccati. Per esempio l’omosessualità è una cosa bella e buona, mentre chi pensa che gli uomini e le donne dovrebbero avere diversi ruoli sociali è “fascista.” Questo è ciò che la correttezza politica oggi insegna ai bambini nelle scuole pubbliche in tutta l’America (e non solo: lo sappiamo bene noi in Italia e in Europa). Infatti la Scuola di Francoforte sosteneva che non importava se i bambini a scuola imparassero qualcosa, importava solo che acquisissero le giuste “attitudini” sulle questioni politicamente corrette.

Traduzione ed adattamento a cura della Redazione

 

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