21/11/2018

Care Serena Dandini e Angela Finocchiaro, gli uomini non sono nostri nemici

B: Ma davvero sei una fata?

AF: Sì! Sono la fata dei giardinetti in mezzo al traffico!

B: Che bello! Perché parli con noi? Perchè ti sentiamo? Perchè non ti vediamo?

AF: Perché devo dirvi una cosa molto importante...

B: Come la Madonna ai pastorelli di Fatima?

AF: Eh, tipo!

B: Che cos’è la cosa così importante?

AF: Bambine, ricordatevi sempre che gli uomini sono pezzi di me*da

B: Anche il mio papà?

AF: Soprattutto il tuo papà

Questa la bellissima favola raccontata da Serena Dandini e Angela Finocchiaro durante il programma in prima serata La TV delle ragazze, andato in onda sulla Rai la settimana scorsa.

Subito dopo questa scena, la Dandini, spero vergognandosi, si è sbrigata a specificare che le bimbe in sede di registrazione, non avevano sentito quanto affermato dalla fatina.

La chiamano satira.

Dicono che questa sia proprio lo stesso genere letterario che, sin dagli antichi romani, porta una critica alla politica e alla società, mostrandone le contraddizioni. Quel genere artistico che dovrebbe far sorgere sulle labbra dello spettatore un sorriso, nella mente un pensiero critico.
A me il sorriso è mancato, anzi è mancato proprio il respiro a immaginare bambini, ragazzi e adulti ascoltare cotanto dialogo (perchè, cara Serena, magari le bambine durante la registrazione non hanno ascoltato quanto ha detto Angela Finocchiaro, ma, indovina un po’?, la registrazione è stata mandata in onda durante un programma in prima serata... che dici? Tutti gli spettatori e le spettatrici di qualunque età avranno ascoltato?).

Non voglio entrare nel merito dei miei pensieri scaturiti dalla battuta blasfema sulla Vergine Maria, perchè non sono stati pensieri cristiani (facile fare i blasfemi sempre con i cristiani, eh?), ma voglio soffermarmi sul “problema”, sulla “critica” che questa scenetta avrebbe dovuto rappresentare. Immagino che il quid fosse la violenza contro le donne (immagino solo, perchè onestamente mi sono risparmiata di guardarmi il prima e il dopo). Le nostre amiche, cioè, hanno inteso fare una critica alla società, al problema “della violenza contro le donne”, sottolineando che tutti gli uomini sono pezzi di me*da. Geniale. Andiamo a vedere perchè.

Il primo pensiero, scontato, che sono riuscite a farmi sorgere, è che mi spiace che loro abbiano avuto un rapporto brutto con il loro padre, ma il mio, di padre, non è pezzo di m*, anzi; così come non lo sono i miei fratelli, i miei amici; così come sicuramente non lo è mio marito. Ho incontrato uomini sgradevoli, così come ho incontrato donne sgradevoli. Uomini violenti, donne violente. Indistintamente. Ma non riuscirei a inserire nessuno o nessuna nella generalizzazione fatta dalle fatine de noantri. L’unico beneficio del dubbio, posso averlo su mio figlio, perché ha solo tre mesi. E perché, in qualche modo, io e il padre saremo responsabili del suo poter diventare un pezzo di m*. E sapete, carissime, quale è la maniera più facile per rifuggire questo rischio? Sapete come potrò proteggere mio figlio dal diventare un pezzo di m*?

Dando spazio, il giusto spazio, a Stefano. A mio marito. Al padre.

Sì, care Serena e Angela, e cari tutti gli autori di questa genialata, e car* tutt* sessantottin* ch* v* impegnat* a * asfaltar* l* figur* de* padr* d* ann* (ops, mi sono fatta prendere la mano), per evitare che aumentino gli omicidi efferati che compiono gli uomini quando vengono lasciati, abbandonati, e cioè tutti quegli omicidi nati, mi si perdonerà la semplificazione, da una mancanza di strategia di tolleranza della frustrazione, servirebbe riscoprire la figura del padre, e tutto quello che rappresenta. Volendo studiare questo fenomeno, infatti, non perché siano di più gli omicidi contro le donne, ma perché le donne e gli uomini sono obiettivamente diversi e quindi le donne vanno protette “di più”, perchè “più deboli”, volendo quindi riconoscere questo fenomeno, dicevamo, si scopre che in questa società post-moderna tecno-liquida dove tutto è “se posso pensarlo, lo pretendo, come e quando lo dico io”, i fattori di rischio che, interagendo tra loro, possono causare il fenomeno della violenza contro le donne, sono lo stress, la mancanza di strategie per tollerare la frustrazione (troppo pochi “no”, nella vita), scarsa stima di sè e della partner, uso di droghe e pornografia, incapacità di gestire i conflitti e incapacità di empatia. Tutti fenomeni imputabili a un’ assenza del padre.

E indovinate un po’, care Serena, Angela, e car* tutt*? I fattori protettivi sono la scoperta di sè autentica, la scoperta dei propri limiti e delle proprie risorse, la capacità di saper ascoltare e riflettere sulle proprie emozioni e sui propri pensieri, lo sviluppo delle competenze relazionali, la capacità di scegliere un obiettivo a lungo termine, concreto, e rischiare per poterlo raggiungere. La capacità di tollerare i fallimenti. E cioè aver avuto genitori coinvolti soprattutto durante l’adolescenza, che hanno supportato e monitorato; che hanno sostenuto e limitato. E quindi un padre presente.

Sì, care Serena, Angela, e car* tutt*, se tutto quello che sponsorizzate (droga libera, pornografia libera, desideri trasformati in pretese, lotta incarognita tra i due sessi) aiutano il dilagare del fenomeno della violenza contro le donne, solo una coppia genitoriale coesa e sostenuta dalla società insegna ad amare e a essere amati: una mamma indispensabile per entrare nella vita e nelle relazioni, con empatia, un padre fondamentale per entrare nel tempo e nella storia, con concretezza.

Sì, care Serena, Angela, e car* tutt*, mentre voi vi impegnate a indebolire la figura paterna, a farle perdere quella forza virile capace di iniziativa, azione, e disposta ad assumersi le responabilità delle proprie azioni, rendete difficoltosa la costruzione dell’identità, della stima, della fiducia verso se stessi e verso la vita dei nostri giovani. Mentre voi strappate con violenza, ehm... satira, da 50 anni, il padre ai ragazzi, strappate con violenza, loro, la libertà di essere, la libertà di riconoscere i propri limiti, la libertà di poter essere rifiutati.

E ancora un’altra volta sì, care Serena, Angela, e car* tutt*, insegnare sin da subito a gustare in famiglia la differenza complementare tra mamma e papà, cioè insegnare e testimoniare che mamma e papà nel riconoscersi diversi, nel riconoscere la forza, la peculiarità e la vocazione dell’altro, insegnare che proprio nel riconoscere queste differenze la mamma e il papà si alleano e portano frutto, protegge dalla violenza contro il diverso. Non fingendo che non ci sia differenza. La mamma e il papà, un’alleanza per la Vita, così come allenze più contingenti tra uomo e donna ma altrettanto preziose, nella complementarietà.

Mentre voi strappate il papà, la mamma, le differenze, i limiti, aiutate i nostri giovani per la discesa. Mentre loro ci chiedono di indicargli le stelle, voi continuate a proporgli la strada per le stalle.

Se la satira è critica e contraddizione, siete riuscite a proporre un problema e, contraddicendo ogni logica, a proporre come sano la radice del problema, una delle cause scatenanti. Geniale.

No, care bambine, la fatina dei giardinetti deve aver dormito molto male questa notte (ehm sono molte notti che dormono male queste fatine, da una cinquantina di anni suppergiù) e, non volendo, si e ci stanno complicando la vita. Gli uomini non sono nostri nemici, anzi! Sono i nostri alleati migliori. Per la Vita. Nostra, e vostra. Per la felicità. Per andarci a prendere le stelle. Andiamoci, con loro.

Maria Rachele Ruiu

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