10/04/2020

Brambilla sul Covid-19: «Ruolo della famiglia cruciale, ma attenzione alla mentalità eugenetica»

Nei giorni difficili del Coronavirus spesso medici e sanitari si trovano davanti ad una scelta non solo altrettanto difficile, ma anche drammatica. Quella di non avere posti necessari per poter offrire a tutti le cure adeguate. Una scelta che se in alcuni Paesi è scongiurata dal buon andamento della cura epidemiologica (come, si spera continui, negli ultimi giorni in Italia), in altri Paesi è invece una scelta avallata da una mentalità al limite dell’eugenetica o comunque dell’eutanasia. Sul tema Pro Vita & Famiglia ha intervistato la docente di bioetica Giorgia Brambilla.

 

In questa emergenza Coronavirus quale ruolo rivestono e quale importanza hanno la famiglia, nello stare insieme, nel trascorrere queste giornate dentro casa e ovviamente i medici e la sanità, nella cura delle persone?

«Sono convinta che in questo momento il ruolo della famiglia sia cruciale soprattutto per combattere la deriva individualista in cui ci eravamo arenati anche prima del Coronavirus. Mi tornano in mente le parole di Giovanni Paolo II che diceva che famiglia diventa ciò che sei. Mi sembra importante perché ci stiamo rendendo conto come la famiglia sia quel luogo dove si impara il bene comune, che non soffoca il bene personale ma anzi è proprio dove il bene umano trova la sua massima espressione. Inoltre si impara la giustizia e la stessa difesa della vita umana».

Come cambiano e quali sono i rischi per i rapporti interpersonali, che diventano sempre più virtuali e meno reali?

«Credo che questi rapporti virtuali erano già avviati e ora ovviamente viviamo un tempo in cui le relazioni umane all’esterno della nostra casa sono sempre più volatili. Credo però ci sia anche una grossa opportunità, che è quella di riscoprire il pensiero e la cura per l’altro, seppur a distanza. Il filosofo Hans Jonas definita la responsabilità come il pensiero rivolto all’altro e a cosa accadrà all’altra persona, avendo cura di lui. Oggi prendersi cura degli altri significa rimanere a casa e adottare comportamenti responsabili, quindi questo concetto lo stiamo riscoprendo e stiamo, nella drammaticità di quanto sta avvenendo, riscoprendo anche il senso della libertà, poiché eravamo abituati ad una libertà di fare qualcosa. Mentre invece il vero significato è una libertà PER fare qualcosa, non solo di farlo, quindi si ritorna al senso di responsabilità».

Anche e soprattutto l’etica e quindi la bioetica hanno un ruolo importante nell’affrontare questa emergenza. Quali ruoli e cosa possono fare?

«Oggi come non mai c’è un grosso bisogno di bioetica. Non tanto quella che risolve casi, ma quella che possa aiutare le persone a costruire uno stile di vita, non solo personale ma anche sociale e quindi conforme al valore dell’essere umano e capace di distinguere il bene dal male. Un modello che ormai non c’era più. Inoltre serve una bioetica che ci faccia rimanere radicati all’oggettività del reale e che ci curi da quella miopia che non ci permette di vedere il bene della persona umana».

Infine, si è parlato nei giorni scorsi, della possibilità di non curare tutti i malati, di dover addirittura scegliere chi curare. Un modus operandi che è realtà in altri Paesi, un suo commento a questo e come deve scendere in campo la bioetica in tal senso?

«Certamente quando si è sul fronte è possibile che si presenti il caso di fare scelte drammatiche. Ovviamente bisognerebbe fare di tutto affinché tali casi non si verifichino e penso si stia facendo davvero tutto il possibile in questa direzione. Diverso è invece il caso quando la scelta non è data da situazione di emergenza ma da una valutazione di valore, come per esempio in Olanda ma non solo dove gli anziani vengono indotti a non farsi curare oppure quando avviene con i disabili come si è sentito per gli Stati Uniti. In questi casi ci troviamo davanti ad una mentalità eugenetica e nasce da un giudizio di valore sull’altro e si muove nell’ambito di un pensiero funzionalista. La vita quindi finisce per non essere riconosciuta più per quello che è ma per quello che sa fare. Spesso questa situazione si verifica a prescindere da questa situazione di emergenza globale. Ecco perché bisognerebbe riflettere molto su queste derive».

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