07/12/2019

Annunciano il suicidio su Instagram, una ragazza li aiuta

Oggi la solitudine dei giovani è imperante, i social e la virtualità tutta ha preso il posto delle allegre compagnie. E così acquista sempre più peso la considerazione che gli altri utenti hanno del profilo di una persona, spesso dimenticando che dietro ogni profilo umano c’è un cuore, spesso sofferente e talvolta stanco di vivere.

Un semplice clic può fare la differenza e indurre una persona a dire addio al mondo. Ingebjørg Blindheim lo ha capito bene quando una sua amica si è tolta la vita. Da quel momento, qualcosa è cambiato in lei.

Ha preso ben presto coscienza di quanti giovani oggi, non avendo nessuno con cui portare il peso della propria sofferenza, affidano ai social il loro dolore. E spesso un commento, una reazione o un silenzio possono essere determinanti nell’indirizzare una persona al baratro.

I social, però, non devono diventare i nostri padroni, ma strumenti da utilizzare per raggiungere uno scopo: l’incontro con l’altro. È così che Ingebjørg ha deciso di tendere “virtualmente” la mano a coloro che su Instagram hanno manifestato una certa aspirazione suicidaria, spiega un articolo di Aleteia.

«Inge monitora gli hashtag considerati a rischio come “sue”, abbreviazione per “suicide”, o “cutting”, che rimanda alla pratica autolesionista del tagliarsi, cercando, tra tanti post, stati davvero preoccupanti, che lasciano presagire il peggio o mostrano la presenza di un disagio più o meno grave. Attualmente segue i profili di circa 500 utenti privati che l’hanno autorizzata e, se necessario, quando avverte che il confine tra pensiero e azione si assottiglia, invia richieste di aiuto alle autorità competenti».

Così, anche chi è distante kilometri e kilometri da lei può giovare del suo aiuto e sentirsi amato da qualcuno, importante per qualcuno.

Se pensiamo che ora molti stati stanno aprendo la possibilità del suicidio assistito ai depressi, ci appare chiaro come chi davvero ha a cuore i sofferenti non offre loro un aiuto a morire, ma a vivere.

 

di Luca Scalise
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