16/11/2016

Aids: quale prevenzione per questo fenomeno?

Il Bugchasing è una neonata fantasia soddisfatta dalla libera volontà di alcuni soggetti di contrarre intenzionalmente l’AIDS mediante rapporti non protetti con altri soggetti sieropositivi.

L’idea, secondo i diretti interessati, è una sorta di avanguardista trasgressione che affronta la paura della malattia, anticipandone l’ipotetica comparsa occasionale con una programmata appositamente, che non vincoli a rapporti esclusivamente protetti, meno liberi e appaganti. Sono fiorite comunità online dedite alla gestione facilitata di incontri tra contagiati e sani disponibili alla causa.

Perché la prevenzione all’AIDS non funziona?

Cala l’inquietudine più profonda grazie a un problema caduto nel dimenticatoio della coscienza occidentale, quasi non la coinvolgesse direttamente. Una questione risollevata anche dall’ONU il sette luglio scorso, quando dichiarò di non poter adempiere al progetto ambizioso di debellare l’AIDS entro il 2030. E questo per due motivi: il crescente aumento del numero dei contagi in Europa e Asia e la percentuale media invariata di contagi annui.

A ben guardare il fenomeno della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS), non si può che constatarne un forte cambiamento dalla sua comparsa all’attuale dilatazione ed entità dell’evento. Inizialmente, infatti, due distinti gruppi sociali costituivano la fonte di diffusione del contagio: omosessuali e tossicodipendenti, “classi a rischio”, circoscritte entro i confini dell’emarginazione precauzionale. In seguito, i progressi nel campo medico-sanitario e la conversione socio-culturale degli ultimi decenni, confermarono la drammaticità di una consistente estensione del rischio all’eterosessualità, portando ambienti saturi di potenziali untori. Ovviamente è allarmante dover entrare nell’ottica di una percentuale di mortalità tale da rendere un virus tra i più fragili, così difficilmente contagioso e minimamente aggressivo (è più semplice contrarre un raffreddore), la seconda causa di morte tra i giovanissimi, se si pensa alle modalità ridotte e specifiche di trasmissione.

I più aggiornati dati dell’OMS rivelano come un buon 80% dei casi sia dovuto a contagio per via sessuale, e prevalentemente i i dati più allarmanti continuano a registrarsi  tra uomini che fanno sesso con altri uomini. Circa 100.000 persone vivono in Italia affette dalla sindrome.

C’è da chiedersi dove si sia inceppata la misura preventiva, tanto da avviare una totale pandemia in piena espansione.

hiv_aidsUna pseudo-prevenzione ingannevole, incentrata sull’esclusiva del condom come unica alternativa possibile, rimedio immediato e sicuro (nonostante la letteratura smentisca il dato), non ha agito estirpando le radici di un male sociale, che mette e rischio l’incolumità del popolo, bensì avvallandone l’origine: la promiscuità sessuale. Il professore Mauro Moroni, uno dei più autorevoli infettivologi italiani, affermava senza remore: «Non ci si ammala di AIDS perché si è omosessuali, ma perché si fa un uso promiscuo della sessualità», argomento dal quale si cerca egoisticamente di prescindere in linea con uno stile di vita individualista ed edonista, ma dal quale è impensabile sfuggire se l’intento è concretamente risolvere il problema. Ancora Moroni parla di una vera e propria “epidemia comportamentale”, dai sintomi antropologici ed etici, frutto del libertarismo sessuale moderno, che per essere contrastato necessita più di una rivoluzione morale che di mezzi tecnici.

«La retta ragione non può ammettere che la fragilità della condizione umana, anziché motivo di impegno, si traduca in pretesto per un cedimento che apra la via al degrado morale»: Giovanni Paolo II marca l’illegittimità di proporre una riduzione del danno che prometta il soddisfacimento di un attimo a discapito della persona, della sua vita. Quella che si definisce una “malattia comportamentale” è uno specchio che costringe la civiltà a ripensare l’esigenza di tornare al pudore, alla fedeltà (che oggi si tenta di eliminare anche dal matrimonio!), all’unicità delle relazioni: valori e principi rimpiazzati dal preferibile disimpegno di legami occasionali dove la responsabilità non è la scelta ottimale neanche se posta a confronto con la vita altrui. Il consumismo del corpo ha abbassato la sua semantica agli istinti nel tentativo irrealizzabile di vivere la completezza sentimentale con relazioni autoreferenziali più che di coppia, privatizzate al piacere intenso e senza seguito, nel solo riguardo per la libertà altrui.

La concreta prevenzione è educare all’arcaica struttura interpersonale rivolta all’esterno, non privatizzata, cosciente della sessualità come coronamento di un sentimento, e non la sua riduzione. Sottoporre misure precauzionali di tipo informativo, che non tolgono il sapore amaro di una traduzione sbagliata della gestione del libertinismo sessuale, è un forte pregiudizio sulla padronanza umana credere impossibile vivere una sessualità ben regolata e responsabile.

Un fenomeno come il Bugchasing è l’esasperazione di questa aridità umana che misconosce il sacrificio dei desideri personali (astinenza) e vive un anonimato delle relazioni che, proprio nell’individualismo e nel «principio del piacere», trova unico criterio di compimento e fine.

Giulia Bovassi


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