02/12/2019

Utero in affitto, l’assessore Chiorino: «Cosa c’entra con l’emancipazione della donna?»

Reddito d’infanzia, asili nido a prezzi abbordabili, lavoro per tutte le madri. Ha le idee chiare Elena Chiorino, che, da assessore al lavoro, alla formazione e all’istruzione alla Regione Piemonte, sta facendo fruttare l’esperienza maturata come sindaco di Ponderano (Biella), cittadina modello per le politiche pro life e pro family a livello comunale. Politiche che, sottolinea Chiorino, sono parte integrante del programma di Fratelli d’Italia: in particolare dalle ultime elezioni politiche, infatti, il partito di Giorgia Meloni ha fatto degli incentivi alle famiglie e del rilancio demografico uno dei suoi cavalli di battaglia. A colloquio con Pro Vita & Famiglia, l’assessore Chiorino ha fatto cenno alla vicenda giudiziaria dei manifesti della nostra onlus, sottolineando che è necessario rovesciare la prospettiva e iniziare a pensare alla vera emancipazione della donna.

 

Assessore Chiorino, nei giorni scorsi il TAR del Lazio ha dato ragione al Comune di Roma in merito alla rimozione dei manifesti di Pro Vita & Famiglia. L’anno scorso, lei aveva difeso la nostra onlus su questa vicenda. Cosa c’è in gioco?

«Per carità, è vero che le sentenze vanno rispettate ma ritengo che alla base ci sia un altro tipo di problema. Al giorno d’oggi, passano dei messaggi che non sono affatto di aiuto per la donna. Il primo messaggio che si dovrebbe passare è relativo all’importanza della difesa della vita. Oggi si sente parlare di morte assistita, di aborto, quando invece il messaggio necessario dovrebbe consistere nell’esatto contrario: servirebbe un inno alla vita. La stessa Legge 194 prescrive di informare le donne in attesa, di metterle al corrente di tutte le possibilità di cui dispongono quando sono in difficoltà. Proprio per andare incontro alla donna in tutte le sue esigenze, la Legge 194 ricorda che si può partorire senza riconoscere il bambino, quando, per varie ragioni, la donna non si sente di farlo e che vi sono una serie di sostegni e di aiuti. L’eventuale aborto, poi, rischia di danneggiare psicologicamente nel profondo la donna che lo pratica, quindi è necessario illustrare tutto il ventaglio di tutte le conseguenze cui va incontro. Oggi, poi, si sente molto parlare di utero in affitto, nella misura in cui coppie particolarmente facoltose sfruttano il corpo di una donna, pagandola e portandole via il figlio. Mi sembra che il tema centrale sia proprio questo: non solo la famiglia naturale non va demonizzata ma, visto che si parla di tanto di pari opportunità, bisogna anche domandarsi: è vera emancipazione pensare alla donna come una sorta di “microonde”, un “contenitore” in cui accogliere la vita di un bambino che poi andrà ad altri? Siamo di fronte a delle vere pari opportunità o, piuttosto, la donna rischia di diventare un oggetto nel vero senso della parola?».

In qualità di sindaco di Ponderano e poi in qualità di assessore regionale, che tipo di politiche per la famiglia promuove?

«Un grande dramma italiano è la denatalità per la quale alla Regione sto lavorando, unitamente al tema della disoccupazione femminile, su cui qui in Piemonte abbiamo dati drammatici. Come sindaco, ho disposto l’ampliamento degli orari dell’asilo nido nel mio Comune, portandoli fino alle 19 la sera (normalmente chiudono tra le 16 e le 17 a seconda dei comuni) ed estendendoli anche al sabato mattina, con tariffe assolutamente sostenibili: 350 euro al mese. Tenuto conto che, in una famiglia di oggi, è necessario che entrambi i genitori lavorino, è importante sostenere le madri lavoratrici con servizi adeguati. Non è ammissibile che la spesa per un servizio pubblico vada ad erodere un intero stipendio: a quel punto, giustamente, una madre sceglie di stare a casa. Di conseguenza c’è la necessità di potenziare tutti i servizi, cosa su cui sto lavorando attualmente in Regione. In particolare, vanno sensibilizzate e supportate le aziende, ai fini dell’istituzione di asili aziendali».

Più in generale, anche a livello nazionale, quali sono, a suo avviso, i nodi critici da affrontare?

«Una cosa che, se potessi, abolirei è il reddito di cittadinanza, proponendo, piuttosto, un “reddito d’infanzia”. Ritengo che il reddito di cittadinanza sia una misura di puro assistenzialismo che – lo deduco dai dati che ho a disposizione – non produce posti di lavoro. Gli stessi soldi oggi destinati al reddito di cittadinanza, dovrebbero piuttosto sviluppare servizi a sostegno delle giovani coppie che hanno bisogno di lavorare, che vogliono mettere al mondo dei figli e che, giustamente, vorrebbero condizioni per crescerli bene. Tutto questo aiuterebbe la donna a vivere quella che dovrebbe essere la sua condizione di dignità piena. Mettere al mondo un figlio è diventato un atto di coraggio e questo non è accettabile. Dovrebbe essere un atto da compiersi nella massima serenità ma bisogna intervenire per creare le condizioni. Un reddito d’infanzia sarebbe un primo passaggio, insieme al sostegno a tutte le forme possibili di servizio, a partire dagli asili nido».

 

di Luca Marcolivio

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