24/10/2014

Trascrizione dei matrimoni gay – Arriva il secco no della Corte di Cassazione

Si è molto discusso sulla questione delle trascrizioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero e trascritti in Italia da alcuni sindaci. La motivazione può essere dedotta logicamente: se i matrimoni gay non sono ammessi in Italia, non può essere ammesso nemmeno il riconoscimento di quelli contratti all’estero. Se così non fosse si potrebbe facilmente raggirare il divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso sposandosi all’estero e successivamente chiedendo il riconoscimento del vincolo matrimoniale in Italia.

Ma esiste una motivazione giuridica? Perché le trascrizioni in questione sono vietate?
Secondo una recente decisione della Corte di Cassazione (Cass., Sez. I, 15 marzo 2012, n.4184) il matrimonio contratto all’estero da due cittadini italiani dello stesso sesso non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiani ed è inidoneo a produrre effetti giuridici nell’ordinamento italiano.

La Corte di Cassazione si è pronunciata , tra l’altro, facendo sue le obiezioni rilevate in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma che sono le seguenti:

Quanto al motivo di reclamo – con il quale si sosteneva che la trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero, avendo, ai sensi dell’art. 17 del citato d.P.R. n. 396 del 2000, natura meramente certificativa e dichiarativa, è atto dovuto ed “automatico”, ove sia data la prova della sua celebrazione secondo la lex loci – la Corte ha ritenuto che: Al) sulla base di quanto stabilito dall’art. 63, comma 2, lettera c), del d.P.R. n. 396 del 2000, sia l’ufficiale dello stato civile sia il giudice, adito ai sensi dell’art. 95 dello stesso d.P.R. n. 396 del 2000, debbono verificare che l’atto di cui si chiede la trascrizione, sia esso formato in Italia ovvero all’estero, abbia le “connotazioni proprie, nel nostro ordinamento, degli atti di matrimonio assoggettati a trascrizione negli archivi di cui all’art. 10” del medesimo d.P.R. n. 396 del 2000; A2) la trascrizione dell’atto di matrimonio formato all’estero – anche a voler condividere la tesi della sua natura meramente certificativa e dichiarativa e non costitutiva – non può tuttavia considerarsi “atto dovuto”, in quanto la giurisprudenza di legittimità ha enunciato il principio “della ininfluenza della trascrizione ai fini della validità ed efficacia nel nostro ordinamento dell’atto di matrimonio celebrato all’estero tra cittadini italiani, validità ed efficacia per le quali si richiede, secondo le vigenti norme di diritto internazionale privato, la sussistenza dei requisiti di validità previsti dalla lex loci quanto alle forme di celebrazione e di quelli previsti dalla legge italiana quanto allo stato ed alla capacità delle persone”, ciò in forza del disposto di cui agli artt. 27 e 28 della legge 31 maggio 1995, n. 218; A3) il carattere “automatico” della trascrizione non può desumersi neppure da quanto dispongono gli artt. 65 e 66 della stessa legge n. 218 del 1995 – circa l’efficacia immediata in Italia dei provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone e all’esistenza dei rapporti di famiglia ed ai provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione -, dal momento che l’atto di matrimonio celebrato all’estero, “sebbene soggetto a determinate forme solenni che prevedono la ricezione della volontà dei nubendi da soggetti investiti di un pubblico ufficio, non è certo assimilabile ad un provvedimento proveniente dall’autorità amministrativa o giurisdizionale, ma resta un atto negoziale e come tale deve essere considerato ai fini della individuazione delle norme che ne disciplinano gli effetti nell’ordinamento interno”.

Dal pronunciamento emerge quindi che la trascrizione di matrimoni tra persone dello stesso sesso è palesemente illegale, proprio sulla base dei decreti del Presidente della Repubblica citati dalla Corte di Cassazione.

E’ grave che personalità di spicco e istituzioni della politica italiana come i sindaci di Roma, Milano, Napoli, Bologna, Firenze, Udine e la Presidente della Camera dei Deputati si sentano legittimati a violare manifestamente l’ordinamento italiano vigente, ordinamento cui dovrebbero quanto meno attenersi, se non addirittura difenderlo ed impegnarsi affinché venga rispettato.

Elia Buizza

 

 

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