09/03/2019

Se anche la Spagna frena sulla registrazione di bambini da utero in affitto

Alcuni giorni orsono, l’ambasciata spagnola in Ucraina ha annunciato che il governo spagnolo ha deciso di iniziare a respingere le registrazioni di bambini nati da madri surrogate in Ucraina. In particolare, nella dichiarazione pubblicata su Facebook, l’ambasciata ha affermato che mentre un numero di casi già esistenti sarebbe stato preso in considerazione individualmente, tuttavia «non è possibile autorizzare nuovi record di registrazione di bambini nati attraverso la tecnica di gravidanza surrogata».

Questa non è la prima disposizione con cui le autorità spagnole cercano di disciplinare il ricorso alla maternità surrogata internazionale, in particolare, appunto, in Ucraina. Già lo scorso agosto, decine di famiglie spagnole che hanno avuto bambini tramite utero in affitto, in questo Paese, sono state bloccate dal loro ritorno a casa per un massimo di 10 settimane, perché il governo spagnolo esprimeva una certa preoccupazione riguardo casi di malasanità e traffico di esseri umani piuttosto sospetti.

Perché misure restrittive proprio nei confronti di questa nazione? Il motivo è semplice: non è un mistero che l’Ucraina sia un vero e proprio “paradiso dell’utero in affitto”; infatti, le leggi statali riconoscono automaticamente come genitori biologici, a tutti gli effetti, quelle coppie che fanno ricorso a questa pratica, semplicemente sfruttando l’utero di un’altra donna, rendendo molto più semplice, una volta tornati in patria, la registrazione del bambino all’interno del nucleo familiare.

Un ulteriore incentivo a quello che non esitiamo a definire un vero e proprio commercio, dato che il bambino viene letteralmente commissionato e comprato, è sicuramente la grave situazione economica in cui versa l’Ucraina, divenuta uno degli Stati più poveri d’Europa, cosa che ha spinto molte donne a ricorrere al gesto estremo di portare in grembo il figlio di altri, per poi vederselo strappare, pur di riscattarsi dal loro stato di miseria, tanto più che la legge del loro Paese permette persino di stabilire autonomamente il prezzo di tale “prestazione”.

Ed è così che, mentre gran parte dell’Europa ha vietato la maternità surrogata e altri Paesi come il Regno Unito e il Portogallo studiano restrizioni severe, anche la Spagna si interroga di fronte al dilagare del fenomeno e finalmente decide di porvi rimedio con un discreto “giro di vite”.

Manuela Antonacci

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