21/04/2015

Obiezione di coscienza : il medico e il tassista

L’ obiezione di coscienza è sotto attacco. In Italia ne sappiamo già qualcosa: fu il presidente della Regione Lazio Zingaretti a emanare un provvedimento che limitava la possibilità di obiezione di coscienza, in particolare per i cosiddetti “contraccettivi d’emergenza” (pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo, in realtà abortivi) e obbligava gli obiettori di coscienza impiegati nei consultori pubblici a rilasciare il certificato necessario ad effettuare l’aborto.

Per nostra (parziale) fortuna, in quel caso, il Consiglio di Stato avevo sospeso l’efficacia del provvedimento, almeno per la parte in cui obbligava a rilasciare il certificato.

Purtroppo, man mano che nel mondo si fa strada l’assurda idea che l’accesso all’aborto sia un nuovo “diritto umano”, l’obiezione di coscienza viene vista come limitazione o violazione di questo diritto, addirittura come una forma di “tortura”, secondo l’espressione di alcuni documenti provenienti dall’ONU. Per questo in molti luoghi i prolife e i medici sono costretti a lottare per conservare il diritto a non cooperare al male, a non partecipare all’uccisione di un essere umano innocente.

L’esempio più recente ci viene dal Canada dove, come ci informa BioEdge, il dibattito sull’obiezione di coscienza si sta facendo sempre più vivo, anche a causa dell’imminente legalizzazione dell’eutanasia e del cosiddetto suicidio assistito. Mentre la Canadian Medical Association difende l’obiezione di coscienza e si oppone a un sistema che vorrebbe costringere i medici a operare contro i loro più profondi convincimenti, “eminenti” bioeticisti come Udo Schuklenk, professore della Queens University e Caporedattore della rivista “Bioethics”, sostiene che nessun medico dovrebbe avere diritto all’obiezione di coscienza. Il rispettabilissimo professore argomenta che “Nessuno obbliga nessuno a diventare un professionista. E’ una scelta volontaria. Un obiettore di coscienza in medicina non è molto diverso da un tassista” che si rifiuterebbe di prestare il suo servizio sulla base dell’obiezione di coscienza a “guidare una macchina a causa di preoccupazioni di tipo ambientale”. Aggiunge inoltre che l’obiezione di coscienza sarebbe diventata una specie di “privilegio” giuridico per i cristiani praticanti.

Vediamo se abbiamo capito: un medico che si rifiuta di praticare l’aborto o l’eutanasia per ragioni di coscienza, è come un tassista che si rifiuta di guidare per non inquinare l’ambiente. Interessante. A noi risultava che la funzione del medico, dai tempi di Ippocrate, fosse quella di curare, di migliorare e favorire la vita, non di eliminarla. Il medico che obietta non si rifiuta di “fare il medico” (sia pure per nobili ragioni): si rifiuta di fare il contrario esatto di quello che un medico dovrebbe essere chiamato a fare. “Obietta”, insomma, per restare medico e per non diventare boia.

Bisogna quindi correggere leggermente l’analogia proposta: il medico che non obietta a uccidere bambini e persone malate è come il tassista che non si fa problemi a portare i suoi clienti a luoghi totalmente diversi da quelli richiesti e che magari di tanto in tanto si ubriaca e si diverte a fare incidenti per spaventarli.

Quanto al “privilegio” che l’obiezione di coscienza costituirebbe per i cristiani praticanti, l’affermazione non sarebbe nemmeno degna di un commento: se non essere obbligato a smembrare, a fare a pezzettini corpicini di bambini è diventato un “privilegio”, che torni l’ancien régime!

 

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.