20/03/2021 di Manuela Antonacci

Matteo, giovane con sindrome di Down che racconta la pandemia con la sua passione: la fotografia

Si avvicina il 21 marzo, ovvero la Giornata Mondiale della Sindrome di Down e sono tantissimi gli esempi positivi e le belle storie che emergono anche in questi mesi di crisi sanitaria e pandemia. Lo scorso anno, infatti, durante il primo e rigido lockdown nazionale, non tutti si sono rassegnati a vivere in modo triste e passivo il lungo periodo di chiusura. C’è stato chi, come Matteo, ha messo a frutto la sua passione per la fotografia, regalando ai suoi concittadini un nuovo sguardo su Pisa, la sua città. Nel rispetto di tutte le restrizioni è riuscito, girando per la città deserta, a coglierla silente e, dunque, insolita. Non è stato però un lavoro fine a sé stesso o arbitrario, perché Matteo, giovane con sindrome di Down, è il fotografo dell’Ufficio Stampa del Comune di Pisa. Da questo lavoro, infatti, è nato il libro Con altri occhi, realizzato insieme alla scrittrice Donatella Puliga. Una pubblicazione che è già stata presentata in alcune città italiane. Per saperne di più, abbiamo chiesto alla mamma di Matteo, di parlarcene.

 

Innanzitutto com’è nata la passione per la fotografia, in Matteo?

«La passione per la fotografia l’ha sempre avuta da piccolissimo, tant’è vero che ad un compleanno di tanti anni fa, avrà avuto 7-8 anni fa, gli hanno regalato una polaroid, per poter vedere subito le foto. Poi facendo vari tirocini per inserimenti lavorativi, uno di questi è stato al comune di Pisa, dove c’è una sala stampa, in cui gli hanno dato questo compito che era tra le attività che potevano risultare importanti per la città».

Durante il lockdown ci si è spesso abbandonati ad atteggiamenti di rassegnazione, concentrandosi su quello che non si poteva fare ma non provando a mettere in moto la creatività come invece ha fatto Matteo. Come ha avuto questa idea?

«Matteo stava subendo negativamente questa chiusura forzata in casa ed era sempre più serio, non sorrideva. Ci limitavamo a giocare a palla in giardino. Un giorno mi ha guardato e mi ha chiesto il senso del lockdown, dopo averglielo spiegato, si è tranquillizzato. Ma con le bellissime giornate che abbiamo avuto, è successo che una nostra carissima amica, vicina di casa, ci ha chiesto di poter venire a prendere un po’ di sole in giardino e quando è venuta e ha visto Matteo giù di morale, ha voluto portarlo un po’ fuori. Quindi è andato in giro per la città deserta e ha fatto queste foto. Poi da lì, lei, che è un’insegnante, ha inserito anche dei commenti. Ha pensato inizialmente, di fare trenta copie per i parenti e invece, poi, hanno avuto grande successo. Devo dire che abbiamo riscontrato un interesse inaspettato».

Circolano spesso reportage di prim’ordine sulle città deserte. Ma questo possiamo dire che ha un sapore diverso, perché rappresenta un esempio di resilienza, di forza di volontà e di trasformazione di ciò che rischia di immobilizzarci, in una forza creativa?

«Sì, anche. Ma io non la vedo come una cosa eccezionale, mi sembra una cosa che è venuta un po’ da sé. Abbiamo voluto assecondare le sue passioni, i suoi interessi. Io credo che ci sia una battaglia da combattere, quella di non credere nelle capacità dei ragazzi, con qualunque tipo di handicap, ognuno ha una sua possibilità da tirare fuori. Noi genitori vorremmo poter dire tutta la bellezza della nostra esperienza, forse non ci viene data voce abbastanza».

Visionando alcune foto di Matteo, sul web, si nota davvero uno sguardo particolare con il quale coglie alcuni aspetti della sua città. E quindi, per curiosità le chiedo, Matteo manifesta questa creatività anche in altri campi?

«Ha sempre avuto la passione per il teatro, ha la passione per la cucina: qui abbiamo un buon istituto alberghiero, infatti, si è diplomato con 100, è stato bravo. Ha fatto davvero un bel percorso scolastico».

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