02/03/2014

L’ideologia gender della Regione Lazio

Anche il Consiglio regionale del Lazio si sta adoperando per promuovere l’ideologia gender, camuffandola da lotta alla violenza sulle donne. In Commissione, l’On. Olimpia Tarzia ha cercato di contrastare le storture della proposta, ma la maggioranza ha voluto accelerarne a tutti i costi la discussione in Aula: una legge ipocrita oltre che, in alcuni punti, incostituzionale. Tutti i capigruppo dell’opposizione condividono la posizione dell’on. Tarzia, tranne i 5 stelle che, sui temi etici, si posizionano ben oltre il pensiero radicale.

Riportiamo l’intervento dell’on. Tarzia nella discussione generale in Aula di mercoledì: in esso, tra l’altro, ha rilevato che la regione Lazio ha già una legge di contrasto alla violenza sulle donne (LR n.16 14/5/2009), tra l’altro  fatta dalla allora maggioranza di centrosinistra! Dunque, se si vuole aggiungere qualche ulteriore misura, come le strutture espressamente dedicate al recupero e al sostegno delle persone vittime di violenza, lo si può fare benissimo emendando la legge in vigore. Ciò che è gravissimo è strumentalizzare ideologicamente il drammatico tema della violenza sulle donne, volendo raggiungere tutt’altro obiettivo: inserire il gender e quindi l’ideologia Lgbt nel cuore delle politiche regionali.

I capigruppo di maggioranza e i firmatari della legge insistono nel dire che non hanno obiettivi ideologici: lo dimostrino coi fatti, accettando tutti gli emendamenti che eliminano dal testo i termini e i passaggi che sottendono l’ideologia del gender, per restituire alla legge il significato vero di legge di contrasto alla violenza sulle donne.

Aspettiamo di sapere la loro risposta.

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CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO

DISCUSSIONE GENERALE SU

PL 33 “Riordino delle disposizioni per contrastare la violenza contro le donne in quanto basata sul genere

26 febbraio 2014

INTERVENTO ON. OLIMPIA TARZIA

Presidente, colleghi

Considero la proposta di legge n. 33 in discussione oggi in Aula  un testo sbagliato sotto ogni punto di vista.

Ovviamente nessuno contesta la gravità degli atti di violenza sulle donne, né la necessità di mettere in atto tutti le azioni, politiche, sociali e amministrative utili a contenere questo fenomeno, prevenirlo e, nei casi in cui purtroppo avviene, aiutare le persone che ne sono state vittima.

Oggi tuttavia l’Aula è chiamata a discutere e a votare su qualcos’altro. Oggi non si parla di violenza sulle donne ma, come riconosce questa pl fin dal suo titolo, sul “Riordino delle disposizioni per contrastare la violenza contro le donne in quanto basata sul genere”. Si sta quindi esaminando qualcosa di diverso. Questo è molto grave, perché si usa un tema molto doloroso e universalmente riconosciuto nella sua gravità, quale è quello della violenza sulle donne, per ottenere in realtà il riconoscimento dell’ideologia del genere, o “gender”, come è più comunemente detta.

Ho tentato in tutti i modi durante l’esame del testo  in commissione, attraverso moltissimi emendamenti, ad esortarvi a sopprimere gli aspetti ideologici presenti, ma la maggioranza non ha voluto sentire ragioni. Motivo per cui la pl arriva in Aula accompagnata da 140 miei emendamenti, con la speranza che la discussione generale, le ragioni che vi portiamo possano farvi riflettere.

Continuate a negare, nei vostri interventi, che ci siano aspetti ideologici nel testo, eppure siete stati fermissimi nel bocciare in commissione tutti i miei emendamenti che sostituivano il termine “genere” col termine “uomo” e “donna” e visto che invocate continuamente la Convenzione di Istanbul, vorrei leggerne un passaggio riferito alle definizioni: “Col termine “genere” (Articolo 3 della Convenzione) ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini;): cos’è questo se non  ideologia del gender?

Ciò premesso, va detto come prima cosa che il Lazio non ha bisogno di questa legge. Il tempo che oggi le è dedicato viene sottratto ad altri e ben più importanti provvedimenti che da tempo attendono l’esame dell’Aula. Questo, ancora una volta, non perché non si voglia riconoscere la gravità del fenomeno “violenza sulle donne”, ma perché il Lazio già ha una legge in materia, e si tratta peraltro di una legge molto recente, la n. 16 del 2009, votata peraltro dalla stessa maggioranza che oggi vorrebbe tornare ancora una volta su questo argomento.

Nella pl 33 si chiede, all’articolo 11, l’abrogazione di questa legge. Perché? La legge è ben scritta, chiara, puntuale e attuale. Non c’è alcun bisogno di rinnegare totalmente questo testo. Si vuole aggiungere qualche ulteriore misura, pensiamo alle strutture espressamente dedicate al recupero e al sostegno delle persone vittime di violenza? Lo si può fare benissimo emendando la legge in vigore. Presto verrà presentato dalla Giunta il collegato alla legge di Bilancio votata a dicembre. Nulla ci vieterebbe di inserire, in quella pl, un articolo dedicato a questo argomento, agendo quindi in maniera efficiente, efficace, rapida, senza rivoluzioni particolari. Ma non è stata questa la strada che si è voluto percorrere.

Questa maggioranza ha in realtà voluto fare finta che una legge non c’è perché ha bisogno dei titoli dei giornali. Insegue l’opinione pubblica e si diletta nel vedere pubblicati articoli di stampa in cui viene esaltato il fatto che il “Consiglio Regionale interviene finalmente in difesa delle donne”. Certamente una pl tutta nuova fa molta più scena, lo spettacolo è assicurato, in barba ad ogni principio di razionalità che invece dovrebbe essere la bussola del nostro operato come consiglieri regionali.

Da alcuni mesi a questa parte, del resto, il modo più facile per avere l’applauso facile è quello di parlare del tema della violenza sulle donne. Tutti sentono il bisogno di mettere la propria firma su questo argomento: media, in primis, ma anche Governo, Parlamento, Regioni, Comuni, Municipi. Si tratta di uno spettacolo davvero deprimente. Quello che colpisce è l’assoluta strumentalità e ipocrisia di queste campagne di comunicazione.

In verità, temo ci sia un non detto, fastidioso, celato dietro molta di questa sciocca retorica, ed è poi quello che ritorna nella legge in esame oggi. Ed è l’opinione di quante credono (e vogliono far credere) che gli uomini, intesi come persone di sesso maschile, sono tutto sommato un pericolo da guardare con attenzione. C’è un pensiero aggressivo, sottile, fintamente amichevole, ma in realtà crudele, che soggiace quanto meno a parte di questo circo equestre mediatico, ed è che gli uomini sono soggetti da tenere lontani. Le donne vanno “liberate”, devono stare con chi le sa comprendere (altre donne, of course): ci sono “case internazionali delle donne” sempre pronte nei confronti dei soggetti vittima o presunti tali.

In quell’ossimoro aberrante della logica occidentale che risponde al nome di “pensiero femminile” già da tempo esiste una branca chiamata, non a caso, “separatismo femminista”. L’idea è proprio questa: le donne vanno “separate” dagli uomini perché solo così possono sviluppare al meglio la propria personalità e individualità.

E così veniamo quindi a quella che è l’altra grande criticità di questa pl: la fortissima carica discriminante antimaschile. Da una legge che si vorrebbe contro la violenza sulle donne, siamo arrivati a discutere oggi un testo che appare disciplinare la violenza delle donne sugli uomini. Il testo è pieno di riferimenti di questo tipo. All’articolo 1 si parla esplicitamente di violenza “maschile” nelle relazioni intime, come se questa fosse l’unico tipo di violenza possibile. All’articolo 2 si vorrebbe promuovere progetti nelle scuole in contrasto e prevenzione della violenza maschile (sic!), solo quella, ogni altra evidentemente è perdonata. Sempre nello stesso articolo si vogliono promuovere poi dei progetti promossi dagli uomini in prevenzione della violenza maschile (ancora), o progetti di recupero nelle carceri dedicati appositamente agli uomini (sempre e solo a loro) che hanno commesso violenze: un modello di società che ricorda 1984 di George Orwell o la scena della “riabilitazione” in Arancia Meccanica.

All’articolo 5 si propone l’istituzione di centri antiviolenza e case rifugio con personale, badate bene, “interamente femminile”, con evidente spregio dell’art. 3 della Costituzione. Non serve credo l’intervento della Corte Costituzionale per accorgersi che un ufficio pubblico che vieta l’ingresso ad operatori di sesso maschile stia clamorosamente disattendendo il principio della parità dei sessi di fronte alla legge, in contraddizione con il comma 2 dello stesso articolo, laddove prevede che “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Infine, si tratta di una norma mal scritta e con evidenti contraddizioni interne e imprecisioni di tipo formale e sostanziale.

Abbiamo già trattato degli evidenti motivi di incostituzionalità della legge, perché chiaramente in contrasto con l’articolo 3 della nostra Carta, ma la legge è debole sotto molti altri aspetti.  All’articolo 2, lettera o) si parla genericamente di progetti in carcere per gli uomini (sempre loro) che siano stati denunciati o condannati per fatti di violenza sulle donne. È la stessa cosa ricevere una denuncia o una condanna? È possibile peraltro che una persona sia in carcere per una mera denuncia? Quand’anche ci fosse, già gli vogliamo far fare il corso di riabilitazione stile Arancia Meccanica, per l’appunto?

Nel momento in cui si prevede l’istituzione di un Osservatorio regionale sulle pari opportunità, riguardo alla sua composizione si parla di “tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale”. Il redattore del testo ha per caso in mente qualcuno in particolare? Il dubbio mi viene perché è molto strana una previsione di questo tipo, si inserisca piuttosto la presenza sindacale e si lasci che la selezione avvenga secondo le norme in vigore che disciplinano questo come tutti gli altri organi collegiali in cui è previsto questo tipo di partecipazione. Sempre riguardo alla composizione dell’Osservatorio, all’articolo 4 si prevede una modalità del tutto sui generis di designazione e revoca dei membri dello stesso, e non si capisce perché anche qui la legge non dovrebbe fare riferimento agli usuali canali di nomina dei componenti di organi di questo tipo così come disciplinato ai sensi del comma 3, articolo 55 dello Statuto Regionale.

All’articolo 5, ancora, in riferimento ad eventuali protocolli di intesa che i centri antiviolenza dovrebbero istituire con altre strutture pubbliche, si parla di “carabinieri” e non “forze dell’ordine” come è scritto negli articoli precedenti. Perché? Protocolli di intesa con la Polizia di Stato ad esempio non sarebbero graditi?

Riassumendo, dispiace molto che l’Aula oggi sia chiamata a discutere di un testo, davvero impresentabile. Le ragioni, già espresse, possono quindi essere riassunte in maniera schematica:

1)      Non c’è alcuna necessità per la Regione di legiferare in questa materia. C’è già una legge in vigore, una legge buona, recente, scritta dalla stessa maggioranza di oggi, che eventualmente può essere migliorata e lo strumento per migliorarla in maniera chirurgica e veloce ci sarebbe, ed è il collegato al Bilancio che verrà presentato tra poco, non certamente procedendo con una intera legge ad hoc.

2)      La proposta di legge, presentata come forma di contrasto alla violenza sulle donne, è in realtà veicolo di un tentativo di inserire il gender e quindi l’ideologia LGTB nel cuore delle politiche regionali. La sostanza della legge è quindi del tutto estranea a quelle che sarebbero le sue finalità per come sono presentate alla stampa e all’opinione pubblica, e questo è scorretto, politicamente e da un punto di vista normativo.

3)      Personalmente non posso che ribadire la mia totale contrarietà ad accogliere l’ideologia del gender e LGTB. Si tratta peraltro di un punto su cui la comunità scientifica non è affatto concorde e quindi è arbitrario e, ancora una volta, illegittimo, che una Amministrazione Pubblica prenda così apertamente le parti in commedia sposando una tesi di parte che divide la società, invece di unirla.

4)      Si tratta di una pl platealmente incostituzionale, nei diversi punti sopra menzionati, che discrimina violentemente gli uomini. Come detto, da una legge di contrasto alla violenza sulle donne, siamo arrivati ad una legge (ancora una proposta di legge, fortunatamente) sulla violenza delle donne contro gli uomini. Mi sento indignata come donna di fronte ad un tentativo di questo tipo

5)      La pl è platealmente mal scritta, contiene grossolani errori formali e previsioni in contrasto con lo Statuto Regionale e le leggi nazionali e regionali

Per tutte queste ragioni chiedo davvero, con forza, all’Aula, e in particolare alla maggioranza, soprattutto alle sue componenti più responsabili, di ritirare questa pl e di procedere con modifiche alla legislazione in vigore a mezzo del collegato al Bilancio o, in subordine, qualora per ragioni di pubblicità politica proprio non ci si possa più esimere dal varare una nuova pl su questa materia, quanto meno si scelga di rimandare il testo in Commissione, perché possa essere svolto quell’evidente, lungo, lavoro di correzione e ripensamento del testo, necessario per le ragioni sopra esposte. Altrimenti saremo costretti ad un lungo, lunghissimo esame in Aula, del tutto fuori luogo perché da un lato non è eticamente corretto bloccare i lavori del Consiglio in un momento in cui invece tanti provvedimenti utili alla cittadinanza attendono di essere esaminati, dall’altro è assurdo, davvero assurdo, che su questo, sul tema della violenza sulle donne, debba essere scatenata una battaglia politica. Questo è un tema che deve unirci tutti, maggioranza e opposizione.

Come donna, come cittadina, come madre, come consigliera regionale, voglio votare ad una proposta di legge che contrasta la violenza sulle donne ma, proprio per questo, chiedo a questa maggioranza di mettermi in condizione di farlo, di avere la possibilità di poter esprimere questo voto positivo, evitando forzature, esasperazioni, violenze (appunto) su questa materia. Dimostrate, dunque, coi fatti, accogliendo i miei emendamenti di merito, che questa vostra proposta di legge non ha niente a che fare con l’ideologia del gender. Se li respingerete il gioco sarà scoperto e sarà una conferma alla nostra tesi e in tal caso vi assicuriamo che opporremo tutta la possibile resistenza con gli strumenti che la democrazia ci offre, per fermarvi.

 

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