24/05/2023 di Fiorella Pecorale

La “danza” della vita che vince sull’utero in affitto

Sappiamo sicuramente molto su tutto ciò che riguarda la riproduzione, gli apparati, il sistema infallibile che porta un seme a diventare un uomo, ma può darsi che ci sfuggano ancora milioni di dettagli, un numero  incalcolabile tanto quanto quello delle cellule in continua proliferazione dentro di noi.

La riproduzione non è legata solo alla fisicità della fecondazione, lo sappiamo tutti, ma forse non riflettiamo abbastanza su questo. L’ipofisi, ghiandola del cervello, è impegnata in una danza spettacolare che la vede a tu per tu con l’utero. Una volta terminato il ciclo mestruale, infatti, è proprio l’ipofisi a  secernere l’ormone follicolo-stimolante (FSH) che viene immesso nel circolo sanguigno. L’FSH infatti, è chiamato ad agire sulle ovaie e ad influenzare l’ovulazione e ingrandendo la parte interna dell’utero e dei tessuti mammari.

Pertanto ogni mese, tradotto in termini poetici, è il cervello a suggerire alla donna «puoi essere un’ottima madre» (sarà un caso che l’ipofisi si trovi proprio dietro gli occhi?) E ogni volta che questa informazione arriva, l’utero si contrae rispondendo a questo invito.

Siamo informazioni in movimento e proprio le informazioni (sia quelle che vengono elaborate che quelle rimanenti nell’inconscio), hanno un’influenza sul nostro essere, su quello dei figli che avremo, e sui figli dei loro figli. È la nostra natura a permettere tutto ciò.

I cromosomi contengono infatti i dettagli genetici.  I cromosomi sono all’interno dell’ovulo che è stato influenzato dall’ipofisi.

L’ipofisi è responsabile della produzione ormonale. Gli ormoni sono strettamente legati alle emozioni che proviamo.  Le emozioni della madre plasmano lo spirito dell’embrione. I geni comunicano con le precedenti generazioni trasmettendo veri e propri contenuti.

La donazione di ovociti, inoltre, non cancella nessuna di queste informazioni e, i bambini nati da fecondazione artificiale, non solo somiglieranno fisicamente sempre e comunque alle loro madri, ma avranno nei loro geni delle precise informazioni scritte con inchiostro indelebile.

La natura non può andare contro se stessa, il cervello non può essere diviso dall’utero, né tanto meno i geni smettere di comunicare fra loro in una danza che non porterà solo alla vita biologica ma anche alla salute psicologica del nascituro. Nessun bambino smetterà di essere profondamente connesso all’essere di sua madre, all’ipofisi di lei, ai sentimenti di lei, ai pensieri di lei, alle emozioni percepite durante il concepimento, agli antenati di lei, al battito cardiaco di lei. Nessun cordone ombelicale staccato rapidamente alla nascita smetterà di dare informazioni al bambino, anche quando sarà costretto a sentire l’odore della pelle del  nuovo genitore che lo adotterà.

Le trasmissioni di informazioni sono transgenerazionali. Un figlio appartiene profondamente a coloro che lo concepiscono, anche quando se sarà costretto a vivere lontano da loro.

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