09/09/2019

India, a 74 anni diventa mamma di due gemelline

Nell’epoca del “transumanesimo”, in cui è considerato lecito travalicare i sani limiti che la natura impone per realizzare i propri desideri a qualunque costo, il minimo che può capitare è quello di partorire ad un età in cui, in genere, si è impegnati a prendersi cura (non senza fatica) dei propri nipoti. È quanto è accaduto a Erramatti Mangayamma, che alla “tenera” età di 74 anni ha dato alla luce due gemelline grazie all'inseminazione artificiale, come riporta un articolo de Il Giornale.

La donna, residente a Kothapet, un villaggio dell’India, nello Stato dell'Andhra Pradesh, è sposata  dal lontano 1962 con l'ottantenne agricoltore Raja Rao. Erramatti, che oggi è di fatto una mamma-nonna, si era sottoposta a un trattamento di inseminazione artificiale, dopo aver saputo che la sua vicina di casa aveva avuto un figlio a 55 anni con la fecondazione in vitro. Oggi è la mamma più anziana del Paese. Prima di lei, infatti, il record era detenuto da Daljinder Kaur, che nel 2016 ha dato alla luce un bambino alla veneranda età di 70 anni.

La protagonista della nostra storia è riuscita a portare avanti la gravidanza senza particolari complicazioni, anche se il cesareo subito in un’età in cui ogni operazione potrebbe diventare potenzialmente fatale non dev’essere certo stato una passeggiata. Infatti, subito dopo il parto la donna è stata trasferita in un unità di cure intensive per precauzione.

Per ovvi motivi non potrà allattare, ma i medici hanno assicurato che le verrà procurato tutto il latte necessario. Una maternità, insomma, forzata dall’inizio alla fine che porta a farsi in questo, come in tanti altri casi, una serie di domande.

In primis, se le donne che ricorrono alla fecondazione artificiale in età così avanzata, si siano mai poste il problema di cosa sarà dei loro figli, una volta messi al mondo, soprattutto quando, durante l’infanzia, con l’argento vivo addosso, avranno bisogno di un genitore che abbia la forza di correre loro dietro, partecipare ai loro giochi, vegliare perché non si facciano male o quando nella fase dell’adolescenza avranno bisogno di una guida lucida e forte, guida a cui, al contrario, dovranno fare essi stessi da sostegno, correndo il rischio di un innaturale ribaltamento dei ruoli.

Insomma questa, come tante altre storie, dimostrano come la fecondazione artificiale non sia un mezzo per aiutare le coppie a compiere un “atto d’amore” (come si vorrebbe lasciar intendere) ma semplicemente un modo estremo di forzare la natura per compiere, al contrario, un atto di egoismo che manifesta una concezione della maternità come diritto e non come dono, senza pensare veramente all’interesse del bambino che viene messo al mondo, evidentemente solo per compensare un vuoto.

 

di Manuela Antonacci

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