24/07/2019

In Lombardia proposta per l’assistenza sessuali ai disabili, ecco i punti controversi

Alla Regione Lombardia è stata avanzata una singolare proposta da parte dei consiglieri del Movimento 5 Stelle dal titolo «Sperimentazione regionale per l’assistenza emotiva, affettiva e sessuale per persone disabili o con patologie invalidanti». L’obiettivo sarebbe quello, citando quasi alla lettera il testo del disegno di legge depositato in Consiglio regionale, di garantire ai disabili una regolare attività sessuale, in nome del “rispetto” e della “educazione”.

E sì perché per edulcorare o rivestire di una qualche dignità una proposta con risvolti etici quanto meno problematici, si specifica che, per aiutare i disabili in questa sorta di percorso di “risveglio dei sensi”, saranno messi a disposizione veri e propri “assistenti sessuali” (guai a chiamarli prostitute o gigolò!): «un operatore professionale con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali “sane”[....]. Questo operatore, formato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. Gli incontri si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico... fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica».

Al progetto dovrebbero essere destinati ben 100 mila euro, ovviamente provenienti dalle tasche dei contribuenti e, per quanto ci si sforzi di ricoprirlo di una patina di “professionalità”, parlando di “operatori” formati dal punto di vista teorico, è impossibile non far emergere, in tutta la loro evidenza, le questioni morali e antropologiche sottese ad un simile disegno.

La questione, infatti, è piuttosto complessa e necessita prima di tutto di una distinzione tra vari casi e forme di disabilità. Ognuna di essa merita un discorso a sé e non può essere ridotta e racchiusa in una proposta di legge con una visione così riduzionista dell’essere umano.

Ci sono infatti varie forme di disabilità: i disabili psichici che sono come bambini, dunque, sostanzialmente indifesi nelle interazioni col mondo esterno e che perciò andrebbero tutelati proprio come i più piccoli da certe “;sperimentazioni” che davvero rischiano di configurarsi come un vero e proprio abuso, una violenza, simile alla pedofilia. La stessa cosa vale per gli handicappati gravi con manifeste difficoltà comunicative, qualunque intervento nel loro caso da parte dei “professionisti del sesso”, non essendoci un aperto consenso, risulterebbe gravemente invasivo e lesivo della libertà e della dignità di chi lo subisce.

Infine ci sono disabili con handicap puramente fisici, perfettamente in grado di intendere e di volere che possono risolvere il “problema” (perché oggi non fare sesso è diventato un problema, un obbligo da espletare a tutti i costi!) facendo libere scelte e non si tratta di ricorrere semplicemente e squallidamente ai servizi di prostitute e gigolò, ma soprattutto instaurando relazioni affettive, fino in molti casi a fidanzarsi e sposarsi, proprio come tutti gli altri esseri umani.

Infatti, se ci si riflette bene, una simile proposta di legge appare fortemente discriminatoria verso chi si blatera di voler aiutare: si dà per scontato che i disabili siano persone di serie B e che non ci siano esseri umani disposti ad instaurare un rapporto d’amore con loro, cosa che molti casi smentiscono (si pensi a Nick Vujicic, nato senza gambe e braccia che ha una bellissima moglie e due bambini).

E poi ci sono questioni pratiche e di coscienza che rimangono irrisolte: se davvero passa l’idea che l’assistenza dei “lovegiver” sia una prestazione necessaria e positiva al pari di una sorta di “fisioterapia” come si fa a garantire che certe “prestazioni” non vengano effettuate anche su pazienti non coscienti? O chi assicura che ad accedere ai corsi per diventare “professionisti del sesso” non sia gente depravata, che, dopo aver ricevuto un regolare attestato, sarà autorizzata dalla legge e pure stipendiata, per dare sfogo alle proprie perversioni? Chi verificherà tutto ciò? Sarà necessario istituire, in un’escalation di provvedimenti squallidi, addirittura la figura del “supervisore”?

Il buonsenso ci dice, alla luce di tutto ciò, che forse andrebbero creati sì dei corsi rivolti ai disabili, ma che aiutino la gente a guardare ai portatori di handicap come persone meritevoli di amore e rispetto, in quanto esseri umani e non come persone “sfigate” che possono al massimo mirare ad un’iperstimolazione dei sensi di cui finirebbero per diventare molto presto schiavi.

Insomma, in questa proposta di legge manca totalmente una visione dell’amore come perfetta unità di corpo e di spirito e della persona come avente una dignità in quanto tale, mentre ogni rapporto con l’altro è ridotto alla pura genitalità, praticata su chi, al contrario, ha il diritto, forse più di chiunque altro, di sperimentare il vero amore e il vero affetto, per portare con coraggio e con forza la propria, non facile, croce.

 

Già in passato Pro Vita & Famiglia si è occupata di questa tematica

Manuela Antonacci

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