10/05/2016

Gender nelle scuole trentine? Il popolo vuole un risposta

Davanti alla insistente propaganda dell’ideologia gender attraverso progetti didattici nelle scuole trentine, che già vengono attuati e che la Giunta provinciale di Trento vorrebbe riproporre e incrementare nel prossimo anno scolastico, il Consigliere Claudio Civettini della Lista Civica Trentina ha presentato un’interrogazione scritta. 

Civettini fa parte del manipolo di valorosi che sono riusciti a far prevalere il buon senso e a fermare a più riprese, per esempio,  il  tentativo di varare una legge (liberticida) sull’omofobia: è un degno rappresentante  della gente, del popolo sano, legato a una antica cultura, alle tradizioni e alla famiglia che appartiene al Trentino Alto – Adige.

Riportiamo buona parte del testo dell‘Interrogazione scritta di Civettini, con l’auspicio che possa servire da esempio per altri membri degli organi elettivi che hanno a cuore il sano equilibrio dello sviluppo psico fisico dei bambini e il futuro della società.

“La Deliberazione di Giunta provinciale n.712, approvata nel corso dell’ultima seduta giuntale, è intitolata “Approvazione del bando per l’attivazione di percorsi di educazione alla relazione di genere nell’a.s. 2016/2017 nelle istituzioni scolastiche e formative del sistema educativo della provincia di Trento (Articoli 2 e 9 della legge provinciale 18 giugno 2012, n. 13 “Promozione della parità di trattamento e della cultura delle pari opportunità tra donne e uomini”)”.

Scopo del provvedimento è quello – come recita il titolo – di attivare negli istituti scolastici provinciali interessate percorsi di educazione alla relazione di genere nell’a.s. 2016/2017. Ora, rispetto a detta Deliberazione, molti sono gli aspetti che meritano di divenire oggetto di chiarimento. In primo luogo, laddove si legge che sarebbero «stati promossi incontri sul territorio e incontri con le famiglie per rispondere a domande e perplessità su alcuni contenuti dei percorsi con ottimi risultati»

A quali «ottimi risultati» si allude? Ha senso chiederselo dal momento che non solo diversi cittadini, presenti a quegli «incontri con le famiglie per rispondere a domande e perplessità», riferiscono di essersene tornati a casa con le medesime perplessità con le quali erano arrivati, ma vi sono persino sul web articoli che parlando, a proposito di detti appuntamenti, di «malumori e poca convinzione da parte dei genitori». I malumori e la scarsa convinzione rientrano forse fra gli «ottimi risultati»?

Sempre nella Deliberazione, si legge di una comprovata «efficacia dei percorsi»: com’è stata valutata siffatta «efficacia»: sono stati eseguiti dei test prima e dopo? Dei sondaggi? Degli studi sociologici? Delle rilevazioni? Oppure l’«efficacia dei percorsi» è un puro auspicio? Anche questo aspetto merita di essere chiarito, anche perché si legge che, da quest’anno, verrà «aumentato il numero di percorsi attivabili da uno stesso istituto». A proposito: questo aumento di percorsi determinerà un aumento di costo? E se sì, pari a quanto?

Continuando, dall’Allegato B della Deliberazione in questione si apprende come tutti i percorsi, incluso il nuovo, vedano – nella descrizione, se non già nel nome – un riferimento agli “stereotipi di genere” come oggetto di contrasto: ma di che si tratta? E’ noto come, secondo l’articolo 3, comma 1, lettera c) della legge provinciale 18 giugno 2012, n. 13, per genere si debba intendere «il modello maschile e il modello femminile, inteso come risultante di un complesso di schemi culturali e sociali che caratterizzano ciascuno dei due sessi e ne condizionano il ruolo e il comportamento».

Dato che però le differenze tra maschile e femminile hanno anche fondamento biologico, viene da chiedere alla Giunta provinciale se per caso sia uno stereotipo di genere sostenere – cosa emersa in tutte le culture studiate – il fatto che le bambole siano maggiormente preferite dalle bambine rispetto ai bambini, cosa appurata anche in studi sui primati, o sostenere che esistano differenze tra maschi e femmine nei tratti cognitivi, comportamentali, nel gioco, nel linguaggio e nell’aggressività.

Allo stesso modo, sarebbe da comprendere se la Giunta provinciale condivide il pensiero della psicologa Cordelia Fine – secondo cui «finora non esistono ricerche che riconducano il mercato dei giocattoli e dei libri di genere alla successiva discriminazione occupazionale o alla condivisione delle faccende domestiche» – e, in caso affermativo, se non reputa poco opportuno, nei percorsi scolastici che verranno effettuati, qualsivoglia riferimento ai «giocattoli e dei libri di genere».

Essendo l’argomento molto sentito, in particolare fra le famiglie – e considerato che si sta parlando di contenuti educativi da destinarsi, in buona parte almeno, ai più giovani – urge che l’Amministrazione provinciale chiarisca quanto prima i dubbi sin qui emersi non solo rispondendo, ma rispondendo in modo il più possibile puntuale e preciso alle criticità poc’anzi sollevate, all’insegna di una reale e completa attenzione al principio della trasparenza. (Omissis)”.

Redazione


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