11/06/2015

Gender a scuola: la testimonianza di un padre

In un’intervista alla Radio Vaticana un padre dà la sua testimonianza su come la propaganda gender l’abbia costretto a far cambiare scuola ai figli.

Leggete e fate leggere a chi ancora ha qualche dubbio se partecipare o meno alla manifestazione del 20 giugno a piazza San Giovanni, a Roma. 

R. – La gran parte della popolazione è contraria all’introduzione di queste teorie di gender nelle scuole e negli asili. La gente non sa cosa viene insegnato dalle associazioni LGBT nelle scuole e non sa qual è il fine, pensa che sia qualcosa di buono.
D. – La gente non sa, come tu non sapevi cosa stesse accadendo nella classe di tuo figlio, in una scuola elementare di Roma…
R. – Io ho avuto il vantaggio però che i miei figli con me parlano e mi raccontano tutto.
D. – Tu ci hai chiesto di rimanere anonimo per motivi di sicurezza…
R. – Anche per tutelare i miei figli e mia moglie che vivono nel quartiere ed è il motivo per cui ho cambiato scuola ai miei figli di punto in bianco.
D. – Che cosa è accaduto al tuo figlio più grande?
R. – Gli viene chiesto in classe dall’insegnante – che a me è rimasta sconosciuta però ha scritto il messaggio sul quaderno di mio figlio, con espressa richiesta – di portare un rossetto rosso in classe. La motivazione che è stata data era che serviva per scopi didattici non meglio specificati. Mio figlio mi ha raccontato vergognandosene e sentendosi umiliato che gli veniva imposto dalla maestra di doversi mettere il rossetto. Lo stesso rossetto veniva passato sulle labbra degli altri compagni dalla maestra. Mio figlio rispondeva all’insegnante: “Ma il rossetto lo mette solo mamma”.
D. – Tu a questo punto ti sei opposto?
R. – Ci siamo opposti per iscritto chiedendo la possibilità di avere un immediato incontro con gli insegnanti e con la direttrice della scuola. Nel contempo ho dato il mio dissenso a questi insegnanti di continuare a mettere il rossetto sulle labbra di mio figlio. Hanno invece continuato. Non mi hanno voluto dare alcuna possibilità di parlare immediatamente con gli insegnanti, né la direttrice mi ha mai voluto ricevere. Abbiamo dovuto aspettare due mesi affinché potessimo parlare con gli insegnanti, quando c’è stato il solito colloquio di metà anno scolastico. C’è stato vagheggiato che l’uso del rossetto era stato deciso per motivi didattici. Io però nel frattempo mi ero informato tramite conoscenti che stanno nell’ambito scolastico e mi avevano parlato di una teoria di gender, basata su criteri che non sono scritti da nessuna parte …
D. – Che non ha alla base studi scientifici, questo stai dicendo…
R. – Esatto.
D. – La tua decisione è stata drastica: hai dovuto ritirare tuo figlio dalla scuola…
R. – Ho ritirato tutti i figli dalla scuola, ne avevo tre in questo istituto e li ho spostati presso un altro istituto, dove avevo maggiore fiducia e dove ho conosciuto gli insegnanti.
D. – E soprattutto dove c’era quell’alleanza scuola-famiglia che dovrebbe essere alla base di una corretta educazione…
R. – E’ fondamentale il rapporto tra genitori, figli e insegnanti.
D. – Nella tua famiglia c’è stato un altro caso che ha riguardato il più piccolo…
R. – Sì, nello stesso periodo, la domenica mattina mio figlio viene nel mio letto piangendo e mi dice che lui quando avrebbe compiuto i 4 anni avrebbe voluto diventare una “femminuccia” perché questo gliel’aveva detto la maestra. Le assicuro che fino a quel momento non esisteva un pensiero del genere in nessuno dei miei figli, tantomeno in lui. Dunque ho preso anche lui e l’ho spostato.

Bludental
D. –I bambini sono influenzabili e soprattutto se ripongono, come dovrebbe essere, fiducia nei confronti degli insegnanti. Lei questo lo ha potuto riscontrare?
R. – Se gli insegnanti gli inculcano queste cose loro crescono nel dubbio e gli rovinano l’infanzia. E io ho avuto la fortuna di poterli spostare prima che iniziassero altri corsi in queste scuole organizzati da associazioni LGBT.
D. – Avete avuto problemi in seguito a questa vicenda?
R. – Siamo stati attaccati da molti genitori che ci dicevano che eravamo retrogradi, che io ero da denunciare in quanto omofobo, che mio figlio ero maschilista…
D. –Tu evidenziavi il dato: non tutti i bambini hanno la possibilità di parlare con i loro genitori perché impegnati con orari lavorativi difficili o perché hanno altri problemi, o magari perché non tutti i bambini sono estroversi…
R. – Non si è mai tutti uguali, ognuno ha la propria situazione. Io ho avuto la fortuna che i miei figli mi parlano.

Paolo Ondarza

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