21/09/2022

Elezioni. Ruiu (FdI): «Il mio impegno per vita, famiglia, educazione e contrasto alle dipendenze»

Moglie, madre di due bambini, da sempre attiva nel mondo pro life e pro family italiano. Maria Rachele Ruiu porta le istanze a favore dei temi etici con la sua candidatura alle prossime elezioni politiche. Correrà per un posto alla Camera dei Deputati, tra le fila di Fratelli d’Italia, nella circoscrizione Lazio 1 P03.

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In Italia imperversa un drammatico declino demografico. Ritiene giusto dover tutelare socialmente la maternità e la paternità e proteggere la vita nascente dalle istanze pro-aborto?

«Il mio impegno pubblico per la vita, il mio desiderio di metterci la faccia nasce dall’incontro con donne ferite da un aborto a cui erano state indotte o costrette per l’assenza di qualsiasi aiuto morale e materiale, come unica soluzione possibile, di fronte ad una gravidanza inaspettata o complicata. L’aborto è un male in sé in ogni caso, ma che non si riesca nemmeno ad evitare gli aborti causati da difficoltà socio-economica, nel 2022, è davvero intollerabile. Tanto più per il terribile inverno demografico che stiamo vivendo, lo Stato dovrebbe servire su un piatto d’oro ogni aiuto possibile per aiutare una donna incinta a portare la gravidanza al suo esito naturale. In Italia non esiste una donna che sia stata costretta a partorire per presunte carenze dell’iniqua Legge 194, mentre sono troppe le donne costrette ad abortire perché prive di aiuti. Perché dà tanto fastidio che si parli di alternative all’aborto per quelle donne che lo vedono come unica opzione obbligata per difficoltà socio-economiche? Sembra quasi che per alcuni l'aborto debba essere una scelta socialmente preferibile rispetto alla nascita. È inquietante. Bene quindi che la Meloni abbia messo in cima alle priorità lo stanziamento di finanziamenti e servizi per evitare che anche un solo aborto possa essere causato da disagio personale o socio-economico. Se la prossima legislatura dovesse servisse a salvare anche un solo bimbo, sarebbe una vittoria per la vita».

L’altro fronte della tutela della Vita è quello legato all’eutanasia. Quali sono, secondo Lei, le priorità in tema di cura e rispetto della dignità umana, applicazione delle leggi palliative (legge 38/2010) e obiezione di coscienza per i medici e il personale medico?

«Questo anno impegnativo, che mi vede attraversare un percorso oncologico, mi ha mostrato quanto è importante sentirci accolti e vedere che intorno a te tutti agiscono perché tu possa percorrere un tratto di vita in più, o perché, mi commuovo, i tuoi figli possano godere della loro mamma il più possibile. Questa è la società che voglio lasciare ai miei figli: una società che si prende cura di tutti, senza lasciare indietro nessuno, accompagnando tutti anche nell’ultimo pezzetto di vita. Potendo amare e farsi amare anche dalle generazioni che ci hanno amato, cresciuto e  che possono guidarci: quelle degli anziani. Esistono le cure palliative, esiste la terapia del dolore, anche la sedazione profonda quando necessaria. Esiste il diritto di ciascuno di noi di essere accompagnato fino alla fine, anche senza soffrire. Non è vero che per morire senza soffrire è necessaria l’eutanasia o il suicidio assistito. Non è vero che possiamo dividere le persone in persone per cui vale la pena lottare e combattere perché non si buttino dal ponte, e persone che siccome sono fragili possiamo abbandonare ad una morte anticipata procurata. Oggi più del 70% dei malati che ne avrebbero diritto e bisogno non hanno accesso alle cure palliative perché non sono sufficientemente finanziate e quindi diffuse sul territorio. È questa la condizione che porta poi molti a preferire il suicidio assistito o l’eutanasia in Svizzera. Dobbiamo eliminare le condizioni che favoriscono la cultura della morte, e questo si fa tornando al capezzale dei sofferenti con aiuti concreti. L’obiezione di coscienza dei medici quando si parla di aborto, suicidio assistito o eutanasia è un pilastro inamovibile, perché costringere persone che hanno fatto voto di curare la vita a sopprimerla è da regime totalitario».

Cosa dovrebbero fare il nuovo Parlamento e Governo in tema di politiche familiari per favorire la formazione di nuove famiglie fondate sul matrimonio e, di pari passo, contrastare tutte quelle istanze contrarie al concetto stesso di famiglia come l’adozione per coppie dello stesso sesso o l’utero in affitto?

«Sostenere la famiglia, pilastro della nostra vita sociale, significa trattare con equità sociale, ergo fiscale, un nucleo che ha sulle spalle la crescita, l'educazione e il mantenimento dell'Italia di "domani". Più famiglia significa più vita e quindi più futuro. Una famiglia deve essere agevolata ad accogliere la vita, e anche sostenuta quando voglia “strafare” regalando alla società una stupenda famiglia numerosa. Insomma, più figli deve significare meno tasse, con il quoziente familiare. Occorre poi incoraggiare le giovani coppie a sposarsi e consolidare le loro relazioni, perché è dimostrato che un matrimonio in giovane età favorisce la nascita di figli e consolida il nucleo a beneficio dell’intera società. Questo si fa, ad esempio, anche prevedendo mutui agevolati per l’acquisto della prima casa. Poi si deve intervenire sui congedi parentali, in particolare per evitare che la donna debba scegliere in maniera drastica se lavorare o diventare madre. Per quanto riguarda le adozioni, devono restare fedeli al loro scopo: restituire a un bambino ciò che ha tragicamente perso, ovvero una mamma e un papà. Anche su questo la posizione di Giorgia Meloni è netta. Aprire alle ‘adozioni gay’ significa tra l’altro aprire all’utero in affitto, e ciò è inaccettabile».

Uno dei diritti inviolabili delle famiglie è quello alla libertà educativa. Ritiene giusto contrastare qualsiasi forma di strumentalizzazione ideologica della scuola, in particolare per quanto riguardo la “propaganda gender”? Ritiene giusto avere un Ministro dell’Istruzione che si batta contro il gender e la “carriera alias”?

«L’educazione dei figli è un diritto naturale della famiglia e deve essere difeso con le unghie dalle pretese di ideologie totalitarie che, oggi come sempre nella storia, vorrebbero estromettere i genitori dall’educazione dei giovani per poterli meglio plasmare secondo i propri canoni ideologici. Ovviamente penso, innanzitutto, all’ideologia gender, che pretende di spacciare per vere teorie totalmente menzognere, come il fatto che esista una “identità di genere” totalmente autonoma e sconnessa dall’identità sessuale maschile o femminile. Per questo la prossima legislatura dovrà potenziare gli strumenti a difesa della libertà educativa delle famiglie, e arginare l’ingresso di progetti ideologici nelle scuole o di iniziative come la “carriera alias”, che, fondandosi sul cosiddetto “approccio affermativo”, induce i minori che manifestano presunti sintomi di disforia di genere a intraprendere percorsi per il cambio di sesso. Questo approccio si è già rivelato tragicamente fallimentare all’estero, sarebbe folle non imparare questa lezione storica e seguire questa via in Italia. L’emergenza educativa non riguarda solo l’ideologia gender ma anche le sempre più diffuse dipendenze tra i giovani. Oltre le “tradizionali” dipendenze da stupefacenti, penso in primis all’abuso di cannabis, ci sono le “nuove” dipendenze da smartphone, social network, gaming e, in particolare, da pornografia. La comunità medica è sempre più certa degli enormi danni che l’abuso di pornografia arreca soprattutto ai più giovani, alterando pesantemente l’approccio della persona alla sfera sessuale e affettiva con la conseguenza di rendere sempre più difficile avere relazioni sane e stabili e anzi inducendo nel soggetto dipendente attitudini sessualmente violente e prevaricatrici».

 

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