30/09/2021 di Luca Volontè

Le bugie dell’industria abortista

Tutti noi saremo osservatori esterni delle discussioni che nei prossimi mesi impegneranno la Corte Suprema degli Stati Uniti sulle leggi pro life di Texas e Mississippi. Le multinazionali dell’aborto continuano a ripetere che non c’è vita umana alla 15esima settimana, dunque la legge del Mississippi sarebbe infondata.

Il limite di 15 settimane del Mississippi, contrariamente a quanto affermato dall’industria abortista, riflette il fatto che i bambini non ancora nati sono esseri umani che provano dolore e, per estensione logica, lo Stato ha un legittimo interesse a proteggere questi bambini. L'industria dell'aborto tenta di respingere questo ragionamento affermando che l'argomento secondo cui "la consapevolezza cosciente, inclusa l'esperienza del dolore, non è possibile alla 15 settimana”.

Come prova, l'industria dell'aborto cita un vecchio studio del 2010 del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, “Fetal Awareness: Review of Research and Recommendations for Practice”, al quale ha partecipato anche il dottor Stuart Derbyshire, un neuroscienziato pro-aborto di fama internazionale, dal 1994 sostenitore dell’idea che l’embrione umano non soffre alcun dolore.

Tuttavia, nel 2020, il dottor Derbyshire ha cambiato la sua opinione professionale sul dolore fetale. In risposta a un numero crescente di prove, Derbyshire ha pubblicato un articolo sul prestigioso BMJ Journal of Medical Ethics in cui prendeva atto dell'esperienza del dolore fetale "già a 12 settimane".

Altra bufala affermata in queste settimane dalle organizzazioni pro aborto è poi quella secondo cui le donne non avrebbero alcuna sofferenza psicologica dopo l’aborto, né alcun altro problema di salute mentale. Peccato che anche questa affermazione sia smentita dai fatti della scienza. Infatti, una recente revisione della letteratura della ‘Task Force on Mental Health and Abortion dell'American Psychological Association’ ha concluso che "è chiaro che alcune donne sperimentano tristezza, dolore e sentimenti di perdita dopo l'interruzione di una gravidanza ed alcune sperimentano disturbi clinicamente significativi, tra cui depressione e ansia”.

Allo stesso modo, una successiva analisi completa sull'aborto e la salute mentale delle donne,  pubblicata su Sage Open Medicine ha concluso che è una evidenza scientifica consolidata che l'aborto contribuisca alla malattia mentale. Questi sono solo due dei tanti esempi che la scienza medica ci offre per dimostrare quanto siano non solo ingiuste, ma anche totalmente anti scientifiche, le ‘ragioni’ a sostegno dell’aborto.

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