23/05/2013

“Dottore” lascia morire un bambino sopravvissuto all’aborto, appena ottenuta la prova

Il 12 giugno 1984, una ragazza di tredici anni si recò presso il West Park Hospital di Philadelphia al fine di ottenere un aborto; in quell’occasione, la ragazza disse al medico abortista, Dr. Joseph Melnick, di essere giunta circa al quarto mese di gravidanza.
Non si sa cosa abbia fatto Melnick, se mai concretamente qualcosa sia stata fatta, per verificare l’età della bambina, ma la gravidanza risultò essere molto più avanzata di quanto fin lì creduto.

Durante la pratica abortiva, la tredicenne diede alla luce una bambina di quasi quattro libbre la quale era ancora viva. Il dottore ordinò che non venisse intrapresa alcuna azione finalizzata a recare soccorso alla neonata; ma si dedicò a compilare un certificato di morte nell’attesa che la bambina morisse. Tuttavia, un’infermiera disobbedì al dottore e tentò di salvare la neonata, stracciò il certificato di morte compilato dal Dr. Joseph Melnick, e, quando la bambina smise di respirare, iniziò a somministrarle il CPR; d’altro canto i suoi sforzi solitari non furono sufficienti per salvare la piccola neonata, la quale sopravvisse per un’ora e mezza: difatti, non fu trasferita all’ICU né ricevette le cure alle quali sarebbe stato soggetto un qualsiasi neonato desiderato. Giorni dopo, allorché il fatto finì sui giornali, di tutto lo staff presente in quell’occasione fu citata solamente quell’anonima infermiera che tentò di salvar la vita alla neonata.
L’autopsia mise in risalto il fatto che la piccola aveva una testolina ben formata e capelluta ed una pelle tipica di un neonato e determinò che la gravidanza era giunta all’ottavo mese. Quando vide i risultati dell’autopsia, si dice che Melnick abbia addotto la seguente giustificazione: “Dopo il fatto, ho capito di aver calcolato in maniera errata l’età della bambina”.

Melnick fu arrestato con l’accusa di omicidio, omicidio colposo, infanticidio e due violazioni alla legge statale denominata “Abortion Control Act“, la quale proibiva aborti al di là dei sei mesi di gestazione.
Melnick sostenne che la bambina era di per sé nata morta, ma diverse infermiere testimoniarono di averla vista rantolare e muoversi; così, incalzato dalle domande, lo stesso Melnick cedette ed ammise che la bambina respirava dopo esser venuta al mondo. L’avvocato difensore sostenne che una sentenza di colpevolezza avrebbe avuto un effetto dissuasivo rispetto a coloro che offrono terapie abortive e dichiarò che tutta questa persecuzione non era che motivata da una pregiudiziale contrarietà all’aborto.
Forse anche il giudice Lynne Abraham la pensava allo stesso modo; ella, infatti, riconobbe Melnick colpevole di un solo capo d’accusa, l’infanticidio, per il quale l’evidenza era schiacciante, ma non gli somministrò nessuna multa né la reclusione, solo la libertà condizionata ed un periodo di servizio di pubblica utilità. Il giudice, per spiegare perché non aveva dato nessuna multa a Melnick, disse: ” So che le risorse del Dr. Joseph Melnick sono state messe a dura prova. Sinceramente, non è mia intenzione impoverire nessuno per mezzo della somministrazione di sanzioni pecuniarie.”
Casualmente, l’avvocato difensore di Melnick era buon amico del giudice Lynne Abraham che emise una sentenza così favorevole: difatti, lo stesso avvocato Richard A. Sprague definì se stesso “un amico e mentore” del giudice Lynne Abraham. Al tempo del processo Melnick, l’avvocato ed il giudice erano amici da anni.

Traduzione a cura di Veronica Palladino

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da LifeNews in lingua inglese

Fonte: LifeNews

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