04/01/2018

Demografia e neo-malthusianesimo: bugie e danni

La mentalità neo-maltusiana diffusa da decenni in Occidente ci sta offrendo i suoi frutti amari, in termini di crisi della demografia, invecchiamento della popolazione e conseguente crisi economica. Nel numero di luglio 2013 di questa Rivista, il professor Ettore Gotti Tedeschi ci ha già spiegato come la crisi economica sia inscindibilmente legata alla crisi demografica.

Dal ’94 in Italia, muoiono più persone di quante ne nascano. L’Italia, l’Europa, il Giappone stanno invecchiando inesorabilmente: siamo condannati alla “morte demografica” da quando abbiamo imparato a controllare artificialmente e a contrastare il più elementare degli istinti di sopravvivenza, fare dei figli.

La prestigiosa rivista Forbes ha titolato un suo numero: “Cosa c’è dietro al declino dell’Europa? La demografia, stupido”. Non serve citare uno studio condotto dalla Rand Corporation, per conto della UE, per capire che “la riduzione del capitale umano” è causa della riduzione della produttività e del collasso del sistema pensionistico. I giovani sono costretti a pagare tasse più alte per mantenere la popolazione anziana e questo crea ulteriori difficoltà per le nuove generazioni a mettere su famiglia: la crisi economica, la crisi demografica e l’invecchiamento della società fanno un circolo vizioso che il saggista americano Eric Cohen chiama “la via dell’estinzione”. Questa spaventosa crisi demografica, però, tocca meno, investe più marginalmente, il continente americano...

Abbiamo anche visto, nel numero di maggio di questa Rivista, quanto le organizzazioni “umanitarie” internazionali abbiano assorbito e diffuso le idee neo – malthusiane sulla “salute riproduttiva”. La cosa non sorprende se si considera la forte influenza che hanno gli Stati Uniti in detti consessi e se si conosce il “rapporto Kissinger” del 1974, rimasto secretato fino al 1989. Rino Cammilleri su La Nuova Bussola Quotidiana, spiega: “Per mantenere la loro potenza nel mondo gli Stati Uniti dovevano impedire la crescita demografica negli altri Paesi e quindi finanziare la contraccezione e l’aborto all’estero. E questo è quello che è accaduto”.

The Kissinger Report si chiama per l’esattezza NSSM 200, cioè «National Security Study Memorandum 200 Implications of Worldwide Population Growth for U.S. Security and Overseas», che in italiano vuol dire: «Implicazioni della crescita della popolazione mondiale per la sicurezza degli Stati Uniti (e i loro interessi, NDR) oltremare». Tale studio di ingegneria sociale fu stilato dopo che l’economista e demografo Colin Clark divulgò un suo famoso libro (edito da Ares) «Il mito dell’esplosione demografica». Ma l’autore originario dell’allarme “bomba demografica” era stato il ben più famoso Club di Roma.

Il primo tentativo di far accettare una politica di controllo delle nascite non riuscì: nell’agosto del 1974 si tenne a Bucarest un vertice mondiale sulla popolazione organizzato dall’Onu in cui la delegazione statunitense venne sconfitta quando molti Paesi meno sviluppati si resero conto che la “crescita demografica” da “ridurre” era la loro”. Oggi la resistenza più tenace contro le politiche denataliste dell’Occidente si ha ancora nei Paesi dell’Africa e del Sud America che sanno bene che l’unica ricchezza dei poveri sono i figli.

Un passaggio del rapporto Kissinger recita: «I Paesi che lavorano per colpire i livelli di fertilità dovrebbero avere la priorità nei programmi di sviluppo e nelle strategie sulla salute e l’educazione che hanno un effetto decisivo sulla fertilità. La cooperazione internazionale dovrebbe dare la priorità all’assistenza di questo genere di sforzi nazionali». Da allora il neomaltusianismo ha continuato e continua la sua indefessa e miliardaria propaganda.

E pensare che alla radice di tutto c’è un’enorme, colossale, errore: la teoria della popolazione di Thomas Robert Malthus (1766 – 1834). L’economista inglese sostiene che la popolazione cresce in proporzione geometrica (2, 4, 8, 16...), mentre le risorse crescono in proporzione aritmetica (2, 3, 4, 5...), perciò divengono prima o poi insufficienti, se le guerre o le epidemie non eliminano di tanto in tanto un po’ di “commensali”.

Queste teorie sono state ampiamente sbugiardate dai dati di fatto. Ma – soprattutto negli anni 70 – sono state riprese con toni d’allarme apocalittico e sono state poste come verità scientifiche inconfutabili per giustificare contraccezione, aborto e controllo della popolazione. E così sono intrisi di neomalthusianesimo quelli che tuonano contro questo mondo infame in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e le risorse non sono sufficienti.

Ebbene, pur non ottenendo alcuna risonanza, anche il laico “Il Sole 24 ore” lo scorso 26 aprile ha dedicato diverse pagine al primo “Rapporto Fondazione Hume- Sole 24 ore” – corredato da numeri e grafici – da cui si evince che “negli ultimi 15 anni si sono ridotti gli squilibri a livello globale”. L’Esposizione universale che nel 2015 ha come tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” avrebbe dovuto dichiarare ufficialmente morta e sepolta proprio quell’ideologia apocalittica che da Malthus, passando per Darwin e Marx, è arrivata a noi con le teorie del Club di Roma diventate poi pensiero dominante negli organismi internazionali.

Già nel 1870 – ci fa notare Antonio Socci su Libero del 3 maggio scorso – il filosofo americano Emerson criticò Malthus per non aver considerato il vero fattore decisivo dell’economia politica: l’ingegno umano. Lo fa notare anche, sul sito “Agrarian Sciences”, Luigi Mariani, già docente di Agronomia e Agrometeorologia all’Università di Milano, che nel XX secolo “le produzioni delle grandi colture sono aumentate di 5-6 volte a fronte di un aumento di 4 volte della popolazione mondiale. Questo è stato un fattore decisivo (insieme alle migliori cure mediche e alle migliori condizioni di vita) per scongiurare la catastrofe malthusiana”. Lo stesso discorso fatto per le colture vale anche per le materie prime e le fonti di energia che – paradossalmente – invece di diminuire, aumentano grazie all’ingegno umano (cioè scienza, tecnologia e impresa). Quindi, grazie alla tecnologia, oggi (dati Fao) l’89 per cento della popolazione mondiale gode di sicurezza alimentare, mentre nel 1970 ne godeva solo il 63 per cento e nel 1950 meno del 50 per cento. Ciò vuol dire che se 60 anni fa vivevano sulla Terra 2 miliardi di persone e 1 miliardo faceva la fame, oggi siamo, sì, 7 miliardi, ma 6,2 miliardi hanno cibo a sufficienza. E gli esodi di massa sono dovuti in parte a guerre e oppressioni, in parte si verificano proprio nelle terre che non hanno “il cibo come merce”, ossia non hanno quello sviluppo fondato su industria, tecnologia e mercato. E sono quei Paesi dove manca quel substrato culturale cristiano che da noi ha favorito la crescita basata su istruzione, impresa, ricerca scientifica, investimenti e tecnologia, dentro un orizzonte che favorisce la democrazia e il rispetto dei diritti sociali e umani.

Tanti si battono per proteggere la biodiversità, ma assai pochi si battono per quella che Benedetto XVI ha chiamato l’ecologia umana, a salvaguardia della vita, dell’integrità e della dignità dell’essere umano. Che è il grande “principio non negoziabile”.

Francesca Romana Poleggi

Fonte: Articolo apparso su Notizie ProVita di Ottobre 2015, pp. 15-18

 

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