25/10/2012

Crescita della popolazione: danno o beneficio?

La sovrappopolazione della terra è una delle grandi paure che la cultura della morte ha diffuso nella nostra società. Ma è proprio vero che le grandi sfide per l’umanità nei prossimi decenni deriveranno dal numero di essere umani presenti sulla terra?
Si è appena concluso il programma decennale mondiale di censimenti della popolazione e oggi è possibile riconsiderare le previsioni demografiche alla luce della popolazione effettiva rilevata nel 2010: il rallentamento della crescita della popolazione è superiore alle attese. In Cina il tasso di crescita medio annuo della popolazione si è dimezzato rispetto al decennio precedente (dall’1% allo 0,56%), in India è sceso sensibilmente passando dal 2,3 all’1,6%. Si tratta di medie di un periodo con tendenza alla diminuzione perciò nell’anno 2010 il tasso di crescita è stato sicuramente più basso.
In realtà è ragionevole attendersi che la crescita demografica possa fermarsi del tutto molto prima del previsto. Il tasso medio di fertilità che a livello mondiale garantirebbe naturalmente la stabilità della popolazione è circa 2,3 figli per donna. Nei paesi sviluppati è di gran lunga inferiore. Ma anche in Cina è ormai molto al di sotto il livello di sostituzione (1,8); in India non è superiore di molto (2,6). Sono numeri che però devono essere corretti al ribasso, per tener conto dello sbilanciamento tra i sessi. Naturalmente nascerebbero 105 maschietti ogni 100 bambine. Invece in Cina nascono 118 maschi ogni 100 femmine, in India 110. La causa di queste differenze è tutta sociale: per motivi culturali sono preferiti i figli maschi e così le bambine vengono eliminate. Lo sbilanciamento tra i sessi comporterà inevitabilmente una riduzione del tasso effettivo di fertilità rispetto a quello apparente. Inoltre nel 2010 per la prima volta la popolazione urbana ha superato quella rurale e la tendenza alla migrazione verso le città è in forte espansione nei paesi emergenti. Anche l’urbanizzazione è storicamente associata ad un calo della fertilità.
Tenendo conto di tutto si può stimare un tasso di fertilità a livello mondiale intorno a 2,4 figli per donna. Questo significa che il declino del numero totale di nascite di bambini potrebbe cominciare molto presto, secondo alcuni intorno al 2020. La popolazione totale continuerà a crescere per un po’ ma solo per l’allungamento della vita media.
Dovremmo essere contenti di questo? Purtroppo no. Un rallentamento delle nascite unito ad un allungamento della vita media comporta l’invecchiamento della popolazione. Non solo: nei paesi in cui la fertilità media non è sufficiente a garantire naturalmente il “ricambio generazionale”, la quota di popolazione in grado di lavorare e produrre diminuisce. Per mantenere lo stesso livello di benessere o aumenta a sufficienza la produttività del lavoro o è necessario utilizzare manodopera immigrata. È l’esperienza che stanno vivendo molti paesi europei, come l’Italia. Paradossalmente i paesi nei quali nascono ancora molti bambini sono in possesso di un vero e proprio “dividendo demografico” che favorirà il loro sviluppo economico. L’India, un paese capace di formare anche manodopera qualificata, già adesso comincia a trarre vantaggio da questa situazione. Ma se l’invecchiamento della popolazione è oggi un grave problema economico e sociale nei paesi più ricchi, cosa potrà comportare in paesi emergenti come la Cina, dove esistono ancora grandi aree di povertà estrema e disuguaglianza e dove manca la libertà?
L’equazione crescita della popolazione = freno allo sviluppo è tanto semplicistica da essere falsa. Molti paesi hanno conosciuto alti tassi di sviluppo del benessere materiale e sociale associati ad una crescita della popolazione consistente: l’Italia del boom economico è una di queste. E sono ancora tutti da dimostrare i “limiti delle risorse” della terra: ancora a metà degli anni ’90 la FAO stimava che le terre potenzialmente destinabili all’agricoltura potrebbero nutrire fino a 33 miliardi di persone. All’origine di fame e carestie c’è quasi sempre un problema di distribuzione delle risorse e dei diritti e non di insufficiente produzione.
Nei prossimi decenni i teorici della decrescita della popolazione vedranno coronato il loro sogno ma forse per molti popoli la realtà assomiglierà piuttosto ad un incubo. È tempo che si ricominci a guardare ogni bambino che nasce come una speranza e un dono non solo per i suoi genitori ma per il mondo intero.

di Benedetto Rocchi

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