28/07/2019

Con l’utero in affitto si va verso la dissoluzione della famiglia

Sappiamo tutti, ormai, in che cosa consiste la pratica dell’utero in affitto: il corpo di una donna viene sfruttato per portare avanti una gravidanza fino al travaglio e, poco dopo il parto, il bambino le viene strappato dal ventre materno; come se tra la donna ed il bambino non si fosse instaurata alcuna forma di legame in quei nove mesi di gestazione (cosa che la scienza stessa nega, parlando di rapporto materno fetale).

D’altra parte il bambino che, come la donna che lo ha partorito, subisce il trauma dello strappo, altro non è che un oggetto di mercato. La coppia che compra il bambino ha diritti su di lui, può scegliere il colore degli occhi, della pelle, dei capelli e varie altre caratteristiche, proprio come un qualcosa che si possiede. Persino tante femministe sono contrarie all’utero in affitto, essendo palese lo sfruttamento del corpo femminile che quella pratica comporta. Ma non tutte.

Una scrittrice femminista, Sophie Lewis, come leggiamo in un articolo di Life News, afferma: «La grande storia dei cosiddetti bio-parenti “;non assistiti” fornisce statistiche, poesie, canzoni, opuscoli e romanzi che spiegano il disagio, la coercizione, la molestia, l’abuso, l’umiliazione, la depressione, la bastonata, l’omicidio, la mutilazione, la solitudine, il ricatto, l’esaurimento, la psicosi, la camicia di forza del genere, la programmazione razziale e l’imborghesimento. La famiglia privata è il quartier generale di tutto ciò».

E questo è davvero assurdo. Tutte queste forme di crudeltà, infatti, non sono causate dall’esistenza dell’istituzione familiare, ma si verificano tanto in famiglia quanto in altri contesti.

Ma ben più assurda è la soluzione che a questi presunti “mali” della famiglia propone la scrittrice. Spiega infatti l’articolo: «Se più bambini nascono da surrogazioni di maternità, l’idea capitalista che i bambini “;appartengono” a coloro di cui condividono la genetica si sgretolerà. La responsabilità collettiva per i bambini trasformerebbe radicalmente le nostre nozioni di parentela, “;fino a quando non si dissolvono in una comunanza priva di distinzioni”».

In pratica, la soluzione proposta sarebbe l’eliminazione della famiglia dalla faccia della terra (ci faccia riflettere lo scandalo di Bibbiano). Per immaginare una simile catastrofe dovremmo pensare ad uno scenario distopico in cui non esistono più legami affettivi, dove regna l’individualismo più totale, i bambini crescono nella barbarie, i valori svaniscono nel nulla, ognuno è solo al mondo ed alcuni sono “proprietà” di altri. Chiunque può essere ciò che vuole in qualsiasi momento, finendo per essere tutto e niente al contempo. Una realtà caotica dove l’ordine non è ammesso.

La distruzione della famiglia altro non è che una vera e propria apocalisse dell’umanità ed è nostro dovere combattere affinché mai più un bambino sia trattato come un oggetto e mai gli sia negato il diritto ad avere una vera famiglia, cioè una mamma ed un papà.

Luca Scalise

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