29/10/2020 di Manuela Antonacci

Chiarini (Pres. Confad): «Ecco come disabili e caregiver vengono discriminati»

In un recente comunicato stampa, il Confad (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità) ha messo in risalto tutta la negligenza di questo governo in merito alle problematiche che riguardano i disabili e le loro famiglie. Ne abbiamo parlato col presidente Alessandro Chiarini, al quale abbiamo rivolto alcune domande

 

Innanzitutto dottor Chiarini, come nasce la vostra associazione?

«Confad è nata e si è costituita regolarmente nel 2007 ed è nata come associazione di genitori di persone con disabilità grave. E’ un’associazione di volontariato che nasce con lo scopo di mettere al centro famiglie con disabilità e quindi di mettere al centro la persona con disabilità ma anche e soprattutto il nucleo familiare che deve fare il grande gesto di responsabilità di accudire la persona con disabilità grave. E’ una figura che l’ordinamento attuale non ha messo opportunamente a fuoco perché ad oggi esiste una legge che è stata approvata dove possiamo rivendicare il merito di aver sollecitato la politica in questo senso. Ma purtroppo, fin qui si è giunti ad una legge che stabilisce (legge di bilancio 2018) un fondo destinato alla valorizzazione di questo ruolo ma poi da allora non è stata ha fatto seguito alcuna misura che andasse a creare una legge che stabilisse quali sono gli strumenti e le tutele, i diritti del caregiver familiare. Per un concetto di focalizzazione della famiglia con disabilità che permetta di vedere la persona con disabilità non solo come un essere umano a se stante ma inserito in un contesto familiare che di fatto vive, soffre e ama e si assume una grande responsabilità. Quindi per noi tutto il nucleo familiare va messo al centro. Questa è un po’ la sintesi della filosofia della nostra associazione che nasce nel 2007. Abbiamo circa 20.000 iscritti tra iscrizioni individuali e iscrizioni di associazioni (perché raggruppiamo anche un’ottantina di associazioni)»

Ma quindi la figura del caregiver non è riconosciuta dallo Stato?

«E’ riconosciuta nei termini in cui le dicevo. Noi mettiamo sempre a fianco la parola “familiare” perché il termine “caregiver” da solo, può riferirsi anche ad una semplice figura professionale. Il caregiver familiare è un familiare, una persona convivente che vive h24 a fianco alla persona con disabilità grave e che quindi spesso e volentieri deve annullarsi per accudire, assistere e seguire il proprio familiare con disabilità grave».

A proposito di “caregiver familiari”, tra l’altro, ricordiamo che il 22 luglio scorso, a piazza Montecitorio, sono scesi in piazza i genitori dei figli disabili per accendere i riflettori sulle difficoltà che i genitori caregiver, si trovano quotidianamente a vivere e si sono ritrovati a vivere, ancora di più, durante il lockdown. Allo stesso modo voi, nel vostro recente comunicato stampa dichiarate “Con la pandemia e il lockdown in particolare, le persone con disabilità sono state fra le persone meno rispettate nei loro diritti. E con loro, i caregiver familiari, colpevolmente dimenticati.” Cosa chiedete concretamente al governo?

«Innanzitutto maggiore attenzione, perché noi interloquiamo con politici di ogni orientamento politico. Non c’è un politico che nell’enunciazione non si dichiari a favore dei diritti dei caregiver, il problema è che nella pratica non abbiamo risposte. Quindi il problema è agire ma con tempestività, esprimendo una volontà politica per arrivare ad una legge che dia delle tutele. Spesso il caregiver familiare, infatti, deve abbandonare il lavoro, perché non riesce a conciliare l’attività di caregiver con quella lavorativa e diventa disoccupato per lo Stato, una persona, di fatto senza tutele e senza diritti. Quindi il caregiver familiare deve avere dei percorsi di sostegno economico e dei percorsi di prepensionamento piuttosto che di riconoscimento di contributi figurativi, perché diversamente questa attività è del tutto trasparente per l’INPS e per lo stato italiano che non le dà alcun tipo di riconoscimento. Questo è un atto di profonda ingiustizia verso queste persone».

Nel comunicato parlate anche di assenza di sostegno agli alunni con disabilità. Ci sarebbero circa 285 mila allievi disabili. Quest’anno, potrebbero essercene 10-15 mila di più. Com’è possibile che questa non sia considerata un’emergenza e come si potrebbe arginarla?

«Non è considerata un’emergenza, è vero. La figura dell’insegnante di sostegno è sempre stata considerata l’ultima ruota del carro. Spesso si è assegnato questo ruolo a precari, personale senza esperienza, quando per noi è veramente una persona che deve esprimere una grande professionalità, dev’essere più di un insegnante e quindi va valorizzato come insegnante di sostegno. E poi bisogna mettere la parola fine a questa prassi odiosa, per cui l’anno scolastico inizia e poi, purtroppo, ci sono tantissimi casi di insegnanti di sostegno non ancora assegnati e quindi si preclude, di fatto, il diritto all’istruzione degli alunni con disabilità. E questo è un altro elemento di profonda ingiustizia sociale verso queste persone. Senza dimenticare che con la fase del lockdown della fase1 e quindi con la chiusura delle scuole e dei centri, i caregiver familiari hanno dovuto necessariamente mettersi a fianco del figlio o del parente con disabilità per aiutarlo a riuscire ad avere un minimo di fruibilità della didattica a distanza».

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