12/07/2014

Assistenza sessuale per disabili – Pagare per essere “amati”?

Ne avevamo parlato a dicembre ed ora partono ufficialmente i corsi per “accompagnatori sessuali per disabili” nel comune di Bologna.

Secondo le informazioni fornite questa figura professionale -anche detta lovegiver-  “va intesa come una forma di accompagnamento erotico che mira ad aiutare i disabili a scoprire la loro sessualità e il loro corpo in un percorso verso la conquista di una maggiore autostima.”

Il che è di per sé paradossale in quanto si parte dal presupposto che un disabile non possa avere come tutti una relazione affettiva e che per supplire a questa mancanza debba pagare per ottenere solo soddisfacimento sessuale. Un’offesa, quindi, su due piani.

Aspetto che avevamo affrontato già agli albori di questa proposta, analisi che riportiamo in toto.

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Partono da Bologna, con il sostegno di un Consigliere comunale del SEL, i corsi di formazione per i cosiddetti “assistenti sessuali per disabili”, figura già esistente in alcuni Stati europei che si prefigge come scopo quello di indurre le persone portatrici di disabilità a provare piacere. Tale proposta approderà in Parlamento con le firme di due Onorevoli di PD e Movimento 5Stelle.

Siamo all’ennesimo capitolo del tiro alla fune tra sfera affettiva e mercificazione.

Una società che scivola sempre più nel baratro della dissociazione tenta di imporre anche alle singole persone la stessa caratteristica. Tramite lo strumento etimologico, svuotando alcuni termini del loro originario significato per far posto ad una versione superficiale e, quindi, meno atta a destare alcuna riflessione, si cerca di soppiantare ulteriormente l’affetto e l’amore con il mero soddisfacimento fisico. Questa volta utilizzando il cavallo di Troia della disabilità.

I presunti “assistenti sessuali per disabili” sono, infatti, la cartina di tornasole dello sbilanciamento nel dualismo sesso/amore, del resto ampiamente giustificato a monte anche dall’istituzione scolastica che, tramite i percorsi di educazione sessuale, fanno del solo approccio meccanico il perno dei rapporti affettivi.

Mutuando quella dell’aggressività, questa teoria “idraulica” del sesso, sottende un equivoco di fondo tra sentimenti e fisicità, scinde inderogabilmente i due aspetti e li sviluppa a favore del secondo. L’amore, una volta reso quantitativamente soppesabile in quanto mero istinto, può essere convogliato in una sorta di contenitore a tenuta stagna che ciclicamente deve essere svuotato. Un qualcosa che forse attiene più all’etologia che all’universo umano.

Di più. Tale progetto parte dalla premessa che una persona portatrice di qualsivoglia disabilità a prescindere non possa raggiungere piacere e, quindi, in quest’ottica distorta del rapporto tra persone, nemmeno provare od essere destinataria di amore.
Oltre all’eventuale disabilità, concetto su cui di certo non si può procedere con le facili categorizzazioni adottate dai promotori dell’iniziativa, a queste persone viene tolta anche la dignità. Il tutto, ovviamente, ammantato dall’alibi del rispetto dei “diritti dei soggetti diversamente abili”. Diritti che possono trovare comodamente soddisfacimento retro retribuzione dei “lovegiver”, letteralmente “donatori d’amore”.

Delegare a dei “professionisti” una sfera così intima significa atrofizzare i rapporti personali in uno schema di scambio di servizi.

Mostrare chiaramente la propria contrarietà a tali iniziative deve essere vissuta come una presa di posizione che trova nelle tesi, quanto nelle finalità, il rispetto della più profonda natura dell’uomo, prestando attenzione a dare sempre le motivazioni che hanno portato ad essa, affinché se ne capiscano le vere ragioni. Si può prendere le mosse dagli “assistenti sessuali per disabili” per giungere a far comprendere la necessità di un ritorno all’essenziale, costituito dal diritto di tutti a non vedersi annichilire la possibilità di instaurare rapporti personali e dall’esigenza di leggere ogni passaggio della propria vita come portatore di un significato più profondo rispetto al pragmatismo imperate.

Essere contrari a proposte analoghe non significa voler negare l’affettività ma, anzi, pretendere di esaltarla nel senso più autentico e rispettoso, cercando di rinsaldare tutti gli aspetti ad essa correlati, come, nel caso di specie, quello fisico, volutamente scisso da tanta parte della cultura cosiddetta contemporanea per poterlo mercificare senza problemi.

Redazione

 

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