07/11/2020 di Manuela Antonacci

All’Aja si va verso la legalizzazione dell’utero in affitto

Mentre i media sembrano occupati esclusivamente a parlare della seconda ondata di Covid, accade anche che, nel frattempo, all’Aja 22 giuristi lavorino per una regolamentazione internazionale dell’utero in affitto.

 Stiamo parlando della Conferenza su Diritto Internazionale Privato, che si è tenuta dal 12 al 16 ottobre e che ha lavorato per il riconoscimento legale, di fatto, del ricorso alla maternità surrogata. Un evento importante, perché tale Conferenza è il punto di riferimento per l’uniformazione normativa a livello internazionale tra i diversi Paesi. Al punto che questa iniziativa potrebbe avere delle ripercussioni importanti sul riconoscimento della genitorialità ottenuta tramite la pratica della fecondazione eterologa e dell’utero in affitto, soprattutto per i cittadini dei Paesi in cui questi sistemi sono vietati. Per ora sono solo 10, su 86 stati, facenti parte della Conferenza, che ne riconoscono la legittimità.

Tuttavia preoccupa sin da ora l’intenzionalità espressa dalla Conferenza e cioè quella di regolamentare i rapporti giuridici tra i genitori “intenzionali” e la madre surrogata (e si annuncia peraltro che il termine “madre” scomparirà per lasciare spazio ad un più vago “donna”, come a cancellare ulteriormente qualunque forma di legame biologico, persino nelle espressioni linguistiche).

Una premessa non certo rassicurante alla quale si aggiungono le altrettanto poco rassicuranti parole di Ursula Von Der Leyen, presidente della commissione europea, che nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione ha detto esplicitamente che la Commissione studierà una strategia per rafforzare i diritti delle persone LGBTQI, “compreso il riconoscimento delle relazioni familiari, nell’Unione Europea. Chi è genitore in un Paese, è genitore in tutti Paesi”.

Ci chiediamo allora anche chi stia rappresentando l’Italia a questo tavolo e soprattutto in che modo, perché è chiaro che ci si sta muovendo nella direzione del riconoscimento della GPA, adducendo la motivazione che “in quanto esiste dev’essere normata”. Come se tutto ciò che accade nella realtà (bello o brutto che sia) debba necessariamente avere un riconoscimento giuridico.

eraltro l’Associazione dei nati da donatori e utero in affitto, in un documento sottoscritto da 1300 firme, arricchito di testimonianze personali, ha espresso forte contrarietà riguardo l’approvazione di simili pratiche e, soprattutto ha lamentato l’esclusione a priori da un tavolo così importante e decisivo, nel quale, come lamentano, “non ci sono nati da donatori, non ci sono nati da surrogata”. Quindi ci si chiede sulla base di quali, o meglio, di quale punto di vista si stia per prendere decisioni ferali che avranno ripercussioni gravissime sulla vita dei futuri nascituri.

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