01/06/2023

Accogliere una vita, nonostante le difficoltà. La testimonianza di Miriam e Francesco

Una storia di Vita. Anzi, di vite accolte. Perché tutte le vite sono degne di essere vissute, accolte, tutte meritano di vedere la luce e dare la propria ricchezza al mondo e alla società. Una storia raccontata da Miriam e da suo marito Francesco, sposati da cinque anni e con due bambini, Jacopo di 3 anni e Rachele di 9 mesi. Miriam e Francesco hanno portato la loro storia durante la Manifestazione Nazionale “Scegliamo la Vita” dello scorso 20 maggio 2023 a Roma. Ve le riproponiamo qui di seguito.




Rachele:

Il 16 marzo del 2022, il giorno del secondo compleanno di Jacopo, ci sono arrivate le risposte della condizione genetica di Rachele, che portavo in grembo: alta percentuale di trisonomia 21. La notizia ci ha stravolto, non avevamo fatto i calcoli con la Sindrome di Down, o altre condizioni, da subito non è stato assolutamente facile scegliere di tenere Rachele. Per me è stato molto pesante e doloroso, non sapevo gestire questo dolore, ogni pensiero era angosciante, pensare al futuro, al fratello, alla sua vita. Nella paura mi appoggiavo molto a quello che i medici pensavano, e questo non aiutava, la maggior parte di loro mi consigliavano di procedere con l’aborto terapeutico, io nella totale insicurezza ero dubbiosa, mi domandavo perché mi consigliassero questo? A cosa andavo incontro?

A quel punto molto dolorosamente scelsi di tenere Rachele perché le scelte erano solo due, la vita o la morte. Inizialmente mio marito non era in accordo con me, una sera abbiamo litigato perché la decisione era importante per entrambi. Comprendevo le sue paure ed il fatto che per un papà è diverso considerare figlio un esserino che non vede, che è ancora in pancia. Ma poi decidemmo di andare avanti uniti. Rachele in gravidanza è stata molto controllata, perché con il tempo le è stata diagnosticata anche una grave cardiopatia che l’avrebbe portata quasi sicuramente alla morte. Ci è stato consigliato nuovamente di abortire, per non passare il dolore di perdere un figlio nato, e questo pensiero non lo condividevo minimamente perché Rachele era già nata, era viva dentro di me, le avevamo già dato il nome, lei era Rachele.

Ringraziando il cielo siamo una famiglia contornata di persone, di aiuti pratici oltre che psicologici, e avere determinate persone al nostro fianco in quel periodo fu fondamentale per noi. Non sentirci soli in questo dolore ci ha aiutato.

Quando racconti una tua sofferenza a qualcuno un po’ si alleggerisce. Non è facile da spiegare, ma avevo tante persone, tantissime, che mi dicevano che stavo facendo una stupidaggine, ma anche tante altre che mi dicevano che mi avrebbero aiutato, che Rachele era arrivata a me e che quindi sarei stata la mamma perfetta per Rachele, con tutte le mie paure. Rachele, insomma, era già amata.

Il 25 agosto è nata Rachele, da subito è stata ricoverata nella terapia semi intensiva del Gemelli perché aveva difficoltà nel respirare in autonomia, da li è iniziato un calvario durato 4 mesi nel quale non sapevamo se Rachele ce l’avrebbe fatta o meno. Ricordo quel periodo estremamente stancante e sofferente ma anche molto bello nel quale ho scoperto la bellezza vera della vita.

Oggi Rachele è indubbiamente una bambina molto impegnativa, ma è uno splendore, se avessi detto no alla sua vita per paura di soffrire mi sarei persa veramente tanto.

Francesco:

Premetto che sono un ingegnere e quindi tutto ciò che capita nella mia vita deve essere ben calibrato e pesato. Ed invece ho avuto la fortuna e la grazia di ricevere la situazione di mia figlia che mi ha insegnato a vivere, ad amare ad essere padre e marito. Abbiamo deciso di fare il Prenetal Safe Test quando durante una ecografia si è riscontrata una traslucenza nucale ampia. In quel momento è iniziata la nostra prova nel dire sì alla vita, nel dire sì a Rachele.

Quando siamo tornati a casa la paura ha iniziato a calare tra di noi e quella sera parlammo e litigammo fino a tardi. Se ha una malattia grave? Se avesse una malformazione cromosomica? E mia moglie mi rispondeva: "lei è qui dentro di me, è tua figlia".

Quella sera sono stato sveglio a capire il motivo di tutto ciò, il perché avessi avuto questa situazione chiedendo verso l'alto "tu cosa vuoi da me?". Questa situazione è durata qualche giorno fino a che ho sentito nel cuore che lei era mia figlia. Avere già il primo figlio, Jacopo, mi ha aiutato tanto. In quei giorni la sera si metteva vicino a noi e guardandolo dicevo ma se lui fosse diverso da così, come avrei potuto non amarlo comunque?.

E così è iniziato il nostro percorso durato circa 9 mesi da quando abbiamo fatto il test del DNA. Abbiamo ricevuto tanto da tante persone ma ce n’erano anche tante che dicevano che tutto sarebbe stato orrendo, terribile e inutile. Ricordo che durante una visita imposta fecero un’ecografia non per vedere lo sviluppo evolutivo di Rachele, ma per evidenziare tutti i market che caratterizzano chi ha la sindrome di Down (occhi a mandorla, statura minuta, fronte ampia) e io gli dissi “ma perché ci dite queste cose?”. I medici risposero: “voi non avete fatto l'amniocentesi, che per legge ti permette di abortire, e quindi vi sto dando tutti i market che confermano che vostra figlia ha la Sindrome”. Delle precisazioni inutili, visto che avevamo comunque accettato di andare avanti.

In quel periodo quello che ho sperimentato fu l'impotenza di fronte a fatti che ti travolgono, ti scavano il cuore, ma siamo andati avanti perché avevamo scelto di viverci nostra figlia fino alla fine, fino a che ci era concesso. E’ stata durissima trovare e avere la forza di avere una routine in quel periodo, perché comunque a lavoro ci dovevo andare, la casa bisognava pulirla, le bollette dovevamo pagarle. Come marito ho ricevuto la forza di essere sempre lì al fianco di Miriam, che non è scontato, e come padre essere, il più possibile, presente nei confronti di Jacopo. E' difficile spesso descrivere cosa ha una persona dentro, ma quello che posso dire è che quel “sì”, che è un atto di coraggio e di amore, mi ha regalato mia figlia e grazie a lei ho scoperto nella sofferenza la bellezza della vita.

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