04/04/2017

Aborto: in Australia vietato mostrarne le immagini

L’aborto si può praticare liberamente, deve essere legalizzato da ogni Stato che si ritenga ‘civile’, viene considerato un diritto fondamentale della donna, però nessuno deve vederlo.

Le lobby abortiste e i loro seguaci più o meno intelligenti ci vengono a raccontare che con l’aborto non si uccide nessuno, ma semplicemente si elimina dal corpo femminile un’escrescenza indesiderata, un grumo di cellule senza vita.

Ma se così fosse, per quale recondito motivo non si dovrebbero mostrare le immagini di questo intervento atto a rimuovere una massa amorfa e priva di esistenza? Perché è brutto da vedersi? Certo, non è una visone da tenere davanti agli occhi mentre si mangia o prima di andare a letto. Tuttavia non lo sono nemmeno le foto o i video dei massacri o dei deportati di Auschwitz, eppure alla prima occasione utile nessuno esita a sbatterle in prima pagina sui giornali o a mostrarle in tv. Con lo scopo di mettere tutti in guardia dal ripetere simili barbare aberrazioni.

Lo stesso discorso però non vale con l’aborto. Lo abbiamo già scritto tante volte. L’aborto è un diritto imprescindibile nella società odierna, però nessuno deve capire bene di che si tratta, perché magari c’è il ‘rischio’ che la gente scopra la sua vera natura di omicidio, orribile omicidio di un bambino indifeso e innocente, ammazzato e fatto a pezzi nel luogo che dovrebbe essere per lui il più sicuro: la pancia della mamma.

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Ecco un esempio di aborto. A venire ucciso è un bambino, un essere umano, una persona.

Il Tribunale Supremo dello Stato di Victoria, in Australia, nei giorni scorsi ha condannato un’attivista pro-life, Michelle Fraser, per aver mostrato due immagini di un aborto durante una manifestazione del 2013.

La motivazione data dai giudici per la sentenza emessa è che tali immagini, nel contesto attuale, possono essere fonte di angoscia e pericolose per la sensibilità delle persone in quanto sgradevoli, ripugnanti, repulsive e addirittura offensive. Strano: ma se a venir estratto dal corpo è soltanto un grumo di cellule, perché nascerebbe tutta questa angoscia e soprattutto perché vedere certe foto sarebbe offensivo? Offensivo per chi? L’aborto è un diritto della donna, o no? E ad essere buttata nei rifiuti ospedalieri è una persona, o no?

Nella fattispecie, Michelle Fraser si era recata davanti ad una clinica abortista mettendo in bella mostra le immagini dell’aborto di un bambino di 10-12 settimane e di uno di 24 settimane (sei mesi). L’intenzione, come ammette lei stessa, era proprio quella di mostrare la realtà della cosiddetta interruzione di gravidanza e di dar voce a chi non ha voce, ovvero ai bimbi non ancora nati.

Ecco dunque svelata ancora una volta la suprema ipocrisia del totalitarismo moderno: l’aborto si finanzia con soldi pubblici, è una conquista, ma è vietato raccontarlo. Per questo motivo non dobbiamo avere paura nel mostrare quello che veramente è. Solo così potremo portare avanti un’efficace opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e contribuire a salvare più vite possibili, sia di bambini, sia di mamme disperate.

Federico Catani

Fonte: LifeSiteNews


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