01/12/2021 di Manuela Antonacci

Si parla di violenze e pregiudizi, ma a parlare è solo Arcigay. Accade in una scuola di Molfetta

 “Gli studenti e le studentesse dei settori Nautico e Moda dell’IISS “A. Vespucci” di Molfetta hanno dialogato con il dott. Michele Corriero, Presidente Comitato Unicef Bari e Giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Bari, e con il dott. Luciano Lopopolo, Presidente nazionale Arcigay sul delicatissimo tema della parità dei generi e della tutela dei minori”.

 Con questo post, condiviso sulla pagina facebook di Arcigay Bari, veniamo a conoscenza dell’ennesima “ospitata” dell’associazione LGBT di turno, in una scuola, datata 26 novembre 2021. E già perché, strana coincidenza, proprio dopo l’affossamento del ddl Zan, la diffusione del “verbo” della fluidità di genere, nelle scuole, sembra essere diventata la priorità in Italia, in questo periodo.

Eppure in questo caso, come in quello dell’Istituto comprensivo “Principessa Elena di Napoli” di Palermo, che ha ospitato una lezione su “L’accettazione e la valorizzazione della diversità”, con Famiglie Arcobaleno, balza agli occhi la scarsa quantità di informazioni su quanto svolto nel corso dell’incontro.

Continuando a scorrere il post, infatti, apprendiamo semplicemente che si sarebbe parlato della “cultura del contatto che scioglie le diffidenze reciproche, la cultura della cura e dell’attenzione verso le piccole vittime di ogni forma di violenza e la cultura del dialogo che supera i pregiudizi”, ma cosa significhi davvero questo e in cosa si sia poi tradotto concretamente, non è lecito saperlo.

Che significa inoltre, la “cultura del contatto”? Che cosa si intende per pregiudizi? Quali “prassi” sono state trasmesse ai ragazzi? Come mai la trattazione di questi temi è stata affidata proprio ad Arcigay? E come mai, soprattutto, non si hanno notizie sulla presenza di altre realtà e/o altre associazioni così da poter garantire un contraddittorio?

Domande che sembrano tristemente destinate a non avere risposta. Sottolineiamo, inoltre, che non c’è traccia delle modalità in cui si è volto l’incontro, se non in un breve articolo in rete, se possibile, ancora più succinto del post. Neanche visitando il sito della scuola è possibile trovare alcunché. Insomma, perché, se davvero l’intento è quello nobile di diffondere un’educazione improntata alla non violenza, c’è poi il modus operandi di non lasciare alcuna traccia che permetta di condividere con chiunque una simile “perla”?

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